di Monica Monachesi e Gabriel Pacheco, 2016
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Le meravigliose favole di Antonio Canova (Topipittori, 2016) di Monica Monachesi e Gabriel Pacheco, è stato realizzato in stretta collaborazione con le due principali collezioni italiane delle opere di Antonio Canova (Possagno, 1 novembre 1757 - Venezia, 13 ottobre 1822): la gipsoteca Canoviana di Possagno e i Musei Civici di Bassano del Grappa.
Il volume introduce i ragazzi alla tecnica del chiaroscuro attraverso l’osservazione e la copia delle sculture canoviane, permettendo loro di imparare a modellare le tre dimensioni su un foglio di carta.
«Dedalo, famoso inventore, costruisce per il figlio Icaro due ali di piume e cere, per farlo fuggire volando dal labirinto che lui stesso ha costruito per il re Minosse, dove abita il mostruoso Minotauro, un uomo con la testa di toro».
Anche l’undicenne Antonio aveva ricevuto delle ali per volare: da Possagno, cittadina in provincia di Treviso, si era trasferito a Venezia, per lavorare come apprendista nella bottega di uno scultore. Il ragazzino disegnava copiando calchi di gesso di sculture greche e romane. Fin da bambino Canova traeva ispirazione osservando la natura e le statue antiche: «La miglior regola è l’osservazione».
Piccolo artista in erba che sfogli il volume perché non provi a «osservare una mano o una piuma e poi a disegnarla?».
La bravura di uno scultore si vede dai panneggi: la capacità di imitare le pieghe dei vestiti sui corpi: «Ci vuole tanta abilità per riprodurre nella pietra le pieghe, così diverse tra loro».
Di solito Canova leggeva le storie antiche più belle dei classici della mitologia greca e di seguito metteva su carta i suoi pensieri. Antonio disegnava su taccuini e fogli sciolti usando matita o penna.
«Su tela grezza dipingeva monocromi, cioè grandi bozzetti realizzati utilizzando solo del colore bianco molto denso».
Questo gli permetteva di vedere già sulla tela l’effetto tridimensionale che avrebbe avuto la scultura finita. Gli aiutanti di Canova lavoravano il blocco di marmo seguendo il modello di gesso da lui creato, poi Antonio scolpiva, levigava la superficie e perfezionava ogni dettaglio durante lunghe ore di lavoro. Nelle sue sculture l’artista era solito adoperare il marmo bianco che riusciva a rendere armonioso, modellato con tale plasticità e grazia, finezza e leggerezza tanto che le sue figure sembrano avere un proprio movimento, vivere nella loro immobilità.
Giuseppina Beauharnais, moglie di Napoleone Bonaparte, commissionò all’artista una scultura delle tre Grazie, Aglaia, Eufrosine e Talia, figlie di Zeus e ancelle di Venere, dea dell’amore, che per Canova era l’ideale di bellezza femminile. Per realizzarle, Canova, massimo esponente del Neoclassicismo, s’ispirò alla bellezza del presente e del passato. Ricordati, emulo di Antonio, per lavorare alla scultura, ragionare su carta o tela non basta. È necessaria la terza dimensione.
L’arte di Canova è un’allegoria, ovvero esprime un significato astratto mostrando una scena concreta. Le straordinarie e vivide sculture di Antonio Canova si trovano nei musei di tutto il mondo, ma i gessi da cui sono nate sono situati quasi tutti a Possagno, nella gipsoteca, luogo dove vengono conservate le riproduzioni di gesso di statue di bronzo, marmo e terracotta. L’artista lavorava per mesi alle sue culture con le quali parlava e le accarezzava per trasmettere la sua passione per la materia.
«Cominciava sempre a scolpirle dal volto per guardarle fin da subito negli occhi.»
Le meravigliose favole di Antonio Canova di Monica Monachesi e Gabriel Pacheco è un albo prezioso e ricco, che appare come un catalogo d’arte, avvicina i giovani lettori all’armonia e alla grazia. Un eccezionale artista che ebbe il merito di far rivivere l’antica bellezza delle statue greche con le sue opere, riuscendo a infondere calore e fascino a una semplice e fredda roccia come il marmo.
«Questo è un altro modo per raggiungere la perfezione: scegliere quello che c’è di più bello e dargli nuova vita».
Da Le meravigliose favole di Antonio Canova, di Antonella Stoppini, in Sololibri.net.