[di Paolo Canton]
Di censura abbiamo parlato spesso in questo blog. Le occasioni non sono mancate: dalla mai dimenticata vicenda veneziana delle cosiddette 50 fiabe gay alla più recente richiesta di alcuni genitori spagnoli di espungere dal catalogo delle biblioteche scolastiche i libri di Cappuccetto Rosso, accusato di offrire un’immagine distorta del lupo.
La ragione per la quale ci torniamo è una mostra, in corso al Museum Meerrmanno, la casa del libro di Den Haag, in Olanda, realizzata con la collaborazione di KB, la Biblioteca nazionale olandese. Il 20 ottobre scorso, infatti, è stata inaugurata Feute Boeken? che possiamo tradurre con Libri sbagliati?. Quelli esposti sono più di 300 libri, raggruppati in cinque categorie: religione, nazismo, razzismo, sessismo e anti-semitismo. In un’intervista, la direttrice del Museum Meermanno, Sandra Bechthold, afferma che il punto interrogativo nel titolo della mostra è fondamentale, dal momento che l’accettabilità o meno di un libro dai contenuti controversi dipende da fattori quali il tempo, la cultura, lo zeitgeist e quel che ieri era perfettamente accettabile oggi è anatema (ma, alla stessa stregua, probabilmente, fra cinquant’anni molto di quel che leggiamo potrebbe essere considerato inaccettabile).
La locandina della mostra Foute Boeken? al Museum Meermanno.
La mostra è una sorta di dichiarazione politica del museo riguardo al proprio scopo e funzione sociale. Dice Sandra Bechthold, direttrice del Museum Meermanno: «Non vogliamo limitarci a mettere in mostra bellissimi libri da collezione, ma coinvolgere le persone nella discussione sull'importanza dei libri come portatori di idee che conducono a discussioni costruttive ma anche, a volte a guerre, lacerazioni, censure. Con Feute Boeken? vogliamo coinvolgere i visitatori in questa discussione. Come museo, non possiamo e non vogliamo stabilire che cosa sia giusto e che cosa sbagliato, ma i visitatori possono farlo.» Così, questa mostra è diventata – oltre che una esposizione rigorosa e affascinante di libri che hanno avuto una storia di controversie e censure, anche violente (non a caso, i primi libri che il visitatore incontra nel percorso espositivo sono la Bibbia, il Corano, immediatamente seguiti da L’Origine delle specie di Charles Darwin, il libretto rosso di Mao Ze Dong e il Mein Kampf di Adolf Hitler) – un interessantissimo esperimento sociale.
Per fare di ogni innocente e ignaro visitatore un censore, all’ingresso, insieme al biglietto, a ogni ospite viene consegnato un fascicolo che contiene titoli, parole e brani tratti dai libri esposti e lo invita, al termine del percorso, a strappare dal fascicolo quelle che identificano i libri che considera oggi inaccettabili e a attaccarle su un muro sul quale campeggia la scritta "Dit kan echt mier meer?",
L'allestimento del Museum Meermanno e il muro destinato ai visitatori.
Se pensiamo all’Olanda, quasi immediatamente evochiamo l’immagine di una società tollerante, che da secoli è orgogliosa della propria tradizione di libertà di stampa (ricordiamo che la grande fortuna degli stampatori-editori olandesi, come gli Elzevier e gli Jansson, a partire dal Diciassettesimo secolo è proprio dovuta alla libertà che era loro concessa di stampare pubblicazioni che altrove sarebbero incappate nei divieti della censura, religiosa o politica). Ma non bisogna sottovalutare la capacità dei libri di suscitare emozioni forti, tanto nel momento in cui vengono pubblicati, quanto a distanza anche di anni o decenni dalla prima pubblicazione.
Quello che è accaduto sul muro al termine del percorso espositivo è, allo stesso tempo, prevedibile e sorprendente: molti visitatori hanno aggiunto alle pagine strappate dal fascicolo commenti che invitavano a rimuovere dalla mostra, nascondere, se non addirittura distruggere i libri più controversi. Particolare scandalo hanno suscitato i libri destinati ai ragazzi. Non solo quelli di smaccata propaganda che, per esempio, invitavano i ragazzi olandesi, nel periodo dell’occupazione nazista del loro paese, ad aggregarsi alla Hitlerjugend per partecipare alla formazione della nuova civiltà millenaria, o offrivano un ritratto disgustoso degli ebrei, invitandoli all’unica loro possibile salvezza, cioè la conversione al protestantesimo (e uno di questi titoli è stato tolto dal catalogo dell’editore Den Hertog di Houten solo nel 2016, a seguito delle polemiche innescate da una tesi di dottorato dedicata proprio all’antisemitismo nella letteratura per ragazzi olandese). Oggetto dei violenti strali di molti visitatori sono stati i libri per ragazzi che, all’inizio del Novecento, offrivano un’immagine stereotipata e denigratoria di africani e orientali o quelli che, fino a tempi assai più recenti, offrivano immagini altrettanto stereotipate dei ruoli di genere.
Mamma, raccontami qualcosa su Adolf Hitler! (1942).
Gli ebrei in Olanda (ND).
Una delle tante storie di conversione cristiana di un ragazzo ebreo (1924).
Dieci piccoli negri (1877) è una summa di stereotipi razzisti.
Altre edizioni di Dieci piccoli negri.
La reazione di fronte a questo tipo di materiale, come dicevamo, è allo stesso tempo prevedibile e sorprendente. Prevedibile perché le nostre percezioni sono cambiate, ed è un bene che lo siano. Sorprendenti perché, nella loro indignazione, i visitatori della mostra sembrano dimenticarsi che l’esposizione di libri nazisti, razzisti o sessisti, intrisi di pregiudizi e di intolleranza ha una funzione educativa e documentaria e non ha alcuna relazione con l’approvazione o l’accettazione dei concetti e delle idee che questi libri propugnano. Per quanto sia auspicabile che certe idee siano cadute in disgrazia e che certi libri non possano più essere pubblicati, la reazione violenta di molti visitatori ci mette di fronte a una scomoda realtà: il fatto di stare dalla parte del giusto non giustifica, di per sé, il desiderio di obliterare completamente anche la documentazione storica dell’esistenza di idee diverse, per quanto disdicevoli, dannose e offensive.
Insomma, dentro ciascuno di noi abita un piccolo, severo censore, pronto a trasformarsi in un distruttore. E questo dovrebbe farci riflettere.