Questa intervista di Eleonore Grassi a Giovanna Zoboli, è stata realizzata per il numero 125 di LiBeR Scatti bambini. Infanzia e fotografia dialogano per costruire nuovi sguardi, dedicato alla fotografia nei libri per ragazzi. È tratta dall’articolo La parola agli editori. Pareri, idee e suggestioni da coloro che hanno scelto di pubblicare libri fotografici. Ringraziamo Ilaria Tagliaferri ed Eleònore Grassi per averci permesso la sua pubblicazione.
Nel vostro catalogo sono presenti due "libri fotografici" molto particolari - Questa notte ha nevicato di Ninamasina e Sonno gigante, sonno piccino di Giusi Quarenghi e Giulia Sagramola - che mescolano la fotografia all'illustrazione: potete raccontarci brevemente come sono nati e da dove è venuta l'idea di usare la fotografia come base per la parte di illustrazione?
Per quanto riguarda Sonno gigante, sonno piccino, uscito nel 2014, il progetto è partito dal testo di Giusi Quarenghi. Pensando all’illustratore che avrebbe potuto restituire le montagne russe verbali di questa meravigliosa ninna nanna dedicata a un bambino che preferirebbe andare su Marte piuttosto che dormire, ci venne in mente Giulia Sagramola, già nostra autrice per il fumetto Bacio a cinque. Seguivamo il suo lavoro e ci vennero in mente alcune illustrazioni che aveva realizzato intervenendo con l’illustrazione digitale su vecchie fotografie di famiglia. Erano immagini intense, ironiche, affettuose, surreali, fantastiche: esattamente il corrispettivo del testo di Quarenghi che da una dimensione domestica, le fotografie, apre alla più scatenata avventura, l’illustrazione.
Per quanto riguarda Questa notte ha nevicato, uscito nel 2017, Ninamasina ci mostrò una serie di fotografie da lei scattate durante una nevicata a Milano, esprimendo l’intenzione di farne un libro. Il progetto ci interessò proprio per via dell’uso della fotografia che, dopo il libro di Giulia Sagramola, ci sarebbe piaciuto sperimentare ancora. Così Nina cominciò a lavorarci e sperimentò diverse direzioni per il progetto che discutemmo molto insieme. Alla fine prese sempre più corpo l’ipotesi di intervenire sulle immagini con l’illustrazione. Abbiamo avuto nello stesso momento, lei e noi, la sensazione che quella fosse la chiave di volta per la riuscita del libro: inserire nell’oggettività munariana delle foto, la dimensione fantastica del segno dell’illustrazione e della narrazione.
La copertina di Sonno gigante sonno piccino (Giusi Quarenghi e Giulia Sagramola, Topipittori 2014).
Pagine interne da Sonno gigante sonno piccino.
La copertina distesa di Questa notte ha nevicato (Ninamasina, Topipittori 2017).
Pagine interne da Questa notte ha nevicato.
Nel vostro catalogo è presente anche Beatrice Alemagna che pur non utilizzando la fotografia in maniera diretta e pura fa uso del collage, spesso fotografico: secondo voi i suoi libri potrebbero rientrare all'interno di una categoria generale di "libri fotografici"?
In generale, il libro illustrato è un genere difficile da fissare in una tipologia precisa. Ci sono grandi categorie, come i wordless book, i pop-up, i cartonati, gli imagier, gli alfabetieri, i picture book eccetera: ognuna di queste categorie potrebbe ospitare libri fotografici, ovvero libri illustrati con la fotografia. Quindi direi che più che a una tipologia di libro, la definizione libro fotografico fa riferimento a una tecnica utilizzata per illustrare. Ciò detto, ci sono modi diversi di utilizzare l’immagine fotografica in un libro. Beatrice Alemagna la usa, appunto, nel collage. Quindi direi che certamente, se qualcuno si mettesse a studiare l’uso della fotografia nei libri illustrati, osservare il modo in cui Alemagna la tratta attraverso il collage, potrebbe essere interessante.
Illustrazioni di Beatrice Alemagna per Un lion à Paris (Les albums Casterman, 2016).
Quello della fotografia è un linguaggio che può parlare ai bambini? Perché?
La fotografia è una tecnica, un punto di vista, una narrazione, un modo di ragionare sulle cose e conoscerle, uno sguardo, un ascolto: come tutti i linguaggi umani, pertanto, può rivelarsi strumento elettivo per l’elaborazione di pensiero e racconto. Il pregiudizio che nutriamo verso la fotografia nei libri per ragazzi dipende dallo stereotipo secondo cui una narrazione per ragazzi è una narrazione fantastica; e dall’altra da una idea di fantastico e di fiabesco in cui è l’illustrazione, la sua elaborazione immaginativa (nel senso di ‘non oggettiva’), a godere del favore dell’infanzia. Ma Roland Barthes ce lo ha spiegato: l’immagine fotografica come restituzione oggettiva, specchio della realtà, è illusoria. La fotografia può essere anche programmatica alterazione del reale: basti pensare a come tutta la comunicazione pubblicitaria attraverso le immagini fotografiche racconti un mondo del tutto immaginario. Come il disegno, insomma, la fotografia è una tecnica di rappresentazione della realtà. Dunque anche la fotografia può elaborare una narrazione in senso fantastico. Ciò detto, la fotografia anche impiegata come documento del reale ha una importante valenza immaginativa e narrativa. C’è una frase di Susan Sontag nel suo famoso saggio Sulla fotografia che dice: «Collezionare immagini è come collezionare il mondo», e sappiamo che i bambini sono collezionisti nati. Sempre nel suo saggio Sontag afferma che le immagini fotografiche «costituiscono la maggiore fonte di conoscenza del passato e la ricerca del presente». Anche da questo punto di vista, perciò, la fotografia è uno strumento ideale da utilizzare nei libri per bambini e ragazzi.
È vero che all'estero esistono più libri fotografici che in Italia? Perché?
In Europa direi che sicuramente è in area francofona che più si è sperimentata la fotografia nei libri per ragazzi. Peraltro è in quest’area che è più viva tutta la sperimentazione sul libro illustrato, sulle sue forme e i suoi linguaggi. Questo perché questa editoria, e di conseguenza il pubblico a cui si rivolge, è meno vincolato a stereotipi in relazione non solo ai contenuti, ma anche alle forme: i modi di illustrare, di raccontare, di illustrare eccetera. Il nostro pubblico, ma anche il nostro settore, è meno colto e più tradizionalista. Fatica ad accogliere nuovi linguaggi, se un linguaggio come quello fotografico, che ormai ha centottant’anni, può dirsi nuovo.
Le fotografie originali di famiglia utilizzate da Giulia Sagramola per illustrare Sonno gigante sonno piccino.