ClaudioRossi Marcelli, giornalista di Internazionale,nella rubrica Dear Daddy risponde da genitore alledomande di altri genitori. Nel numero 920 della rivista, l'ultimo,la rubrica titola: Con la bacchetta magica ela domanda di una lettrice recita: L’ossessione dimia figlia per le principesse mi preoccupa. Devo fare qualcosao aspettare che passi?
Larisposta di Rossi Marcelli è brillante. Per quanto mi riguarda,condivisibile. Lascia però un grosso non detto che vorrei approfondireun poco. Riporto una sintesi della risposta, leggibile per intero qui.
Dunque, vediamo. Abbiamo Biancaneve che(per la gioia delle madri apprensive) ingurgita la prima cosache le viene offerta, e Cenerentola che (per la gioia di CarrieBradshaw) si salva grazie a una scarpa. Raperonzolo trova lafelicità grazie ai lunghi capelli biondi e la Bella, pur di nonrinunciare alle comodità del castello, si innamora di una bestiache ha il doppio dei suoi anni. [...] Difficilmente potrei trovaremodelli di comportamento peggiori per una ragazzina. [...] Eppure,quando le mie figlie mi hanno chiesto per la prima volta un vestitoda principessa, ho tirato un sospiro di sollievo.
Il finale:
Cominciamoinvece ad affilare le armi per quando incontreranno i modelli dicomportamento che ci fanno tremare davvero. Cosa risponderai atua figlia il giorno che ti dirà raggiante: “Mamma, sono statainvitata ad Arcore”?
Claudio, ripeto:in buona sostanza sono d'accordo con lei. Ma le fiabe non sonoaffatto quelle che lei dipinge. Lei stigmatizza le versioni chesono state fatte da Disney in poi, che purtroppo da moltisono viste come "le fiabe" tout court. Probabilmente è consapevoledella sua sintesi (la sua rubrica ha poco spazio), e allora quantosto per scrivere non le sarà nuovo.
Ognitanto faccio degli incontri con genitori sul tema dellalettura ai bambini, e quando si arriva al tema "fiabe"restano sovente molto sorpresi nello scoprire le differenze fra, peresempio, le versioni Disney e quelle classiche, per esempio riportatedei fratelli Grimm. Molti pensano che i Grimm siano gli autori e non i"raccoglitori", attenti e dedicati, di queste fiabe, antiche di secoli,se non di millenni. Ricordo una mamma quasi seccata che le tracce di Cenerentolaportassero fino all'antica Cina, prima di perdersi nellatradizione orale precedente alla scrittura. Le fiabe, in effetti,nascono in periodo storico, si ritiene in coincidenza con ilmomento in cui l'uomo ha cominciato a fare a meno di prove iniziaticheper entrare nell'età adulta e verosimilmente,almeno in Occidente, hanno via via sostituito tali proveper far fronte alla curiosità e alla sete di risposte dibambini, ragazzi e adolescenti.
Italo Calvino sintetizzò da par suo questoconcetto quando scrisse, nel presentare la raccolta Fiabeitaliane, che le fiabe sono vere, "sono ilcatalogo dei destini che possono darsi a un uomo e a una donna". Lafunzione di questo ricchissimo “catalogo” è quella di spiegarein modo comprensibile a un bambino quello che vede, che non capiscee soprattutto quello che prova.
I bambini corrono in ognimomento il rischio di essere sopraffatti dalle loro emozioni, dalle loropaure come dalle loro gioie. Una storia ben pensata e ben raccontatapuò aiutarli con grande efficacia a capire se stessi. E le fiabe sonomeccanismi limati e oliati dai secoli e da infiniti raccontatori:sono strumenti ancora insuperati per interagire con il cuore di unbambino.
E per metterlo in condizioni, rispettandolo,di cominciare a muoversi nel mondo.
Ai bambini non servonolieto fine posticci, edulcorazioni più o meno profonde, o gratuitedivagazioni sognanti o avventurose – tutte caratteristiche chetroviamo in troppe storie di oggi. Molte storie di fate-bambine o di eroidi figurine con mostri buoni e cattivi sono ricche di “bei valori”,ma lo sono in modo superficiale e quindi inutile: questi personaggivivono avventure “meravigliose”, propongono una morale, magari,condivisibile, ma in un mondo dove tutto è loro dovuto, astratto, e incui i bambini facilmente possono proiettarsi con gioia, ma una volta lìsi trovano a vivere emozioni estranee, fittizie, imposte. E se si applicaquesto meccanismo a tanta narrazione, a tanto cinema, a tanta tv rivoltaagli adulti, il quadro si fa presto inquietante.
Non è soloun possibile invito ad Arcore, Claudio, a doverci mettere in guardia –c'è da lavorare parecchio, e ben prima!
Per spiegarecome si può distruggere una fiaba e il suo potenziale positivo,durante i miei incontri con i genitori spesso leggo due versionidi Hansel e Gretel. Ricordo una volta incui una bambina spiegò meglio di me la differenza fra questaversione della fiabae quella illustrata da Lorenzo Mattotti per OrecchioAcerbo.
Vista la presenza della bimba, fino aquel momento evidentemente annoiatissima, le lessi entrambe comele avrei lette a mia figlia. La prima versione, curata non so dachi, ma di sicuro tagliata con l'accetta e con scarsa attenzionealla struttura della storia, scivolò via come acqua fresca. Pocodopo l'inizio della lettura della seconda, un'accurata traduzioneredazionale della versione dei Grimm (un'altra buona versione, qui),la bambina si fece prima attenta, poi tesa, e molto attenta alleillustrazioni, cupe, ma anche vibranti di luce. Verso la metàdel racconto era in piedi davanti a me, con gli occhi pieni diinquietudine, tanto da preoccupare la madre. La tensione dellabambina si fece via via più grande, tanto che un'altra madre disse:"Non sarà il caso di interrompere?" Ma la bambina gridò: "Nonsento!" e mi si sedette sulle ginocchia, concentratissima. Lì,ascoltò la storia fino alla fine. Poi corse dalla mamma grugnendoforte, come per liberarsi, e la abbracciò stretta, a lungo. La madremi disse che lei stessa era stata in difficoltà durante la lettura,rivivendo i sensi di colpa legati al fatto di non poter trascorrereabbastanza tempo con sua figlia.
In un secondotempo, la madre mi fece sapere che, dal momento di quella lettura,la bambina aveva affrontato più serenamente il “distacco delmattino”, e sospettava anche che quella lettura avesse in qualchemodo "agito" su entrambe. Nulla di più probabile.
Sì,Claudio, la sua rubrica decisamente non avrebbe potuto ospitareuna approfondimento tanto lungo, e altro mi piacerebbe aggiungeresull'argomento. Se volesse comunque approfondire il tema, oltrea tener d'occhio questo blog, le consiglio di cominciare leggendo: Ilmondo incantato di BrunoBettelheim – qui ne trova un sunto – e Donneche corrono con i lupi di Clarissa Pinkola Estés. Siparla di fiabe, ma soprattutto di crescita in serena consapevolezza, ele risulterà ancora più chiaro come non siano i vestiti e le bacchettemagiche il problema, quanto, come ci insegnano le fiabe di tutti i tempi,il costante tentativo “della tribù” di riportare entro schemi noti lelibere scelte individuali dei più giovani.
Leillustrazioni che corredano questo post sono di ArthurRackam, tratte dallo splendido The sleepingbeauty, 1920. Ottimo esempio di come si possano mettere sullapagina principesse senza cadere nella più vietabanalità. Se volete sfogliarlo, lo trovate qui. La nostra copia èdella ristampa del 1932, in tutto uguale all'originale. Se ne trovanocopie abbastanza facilmente, da poco più di cento al migliaiodi euro, in funzione della pazienza nella ricerca, dello statodi conservazione e dell’edizione.
*MauroMongarli fa il pubblicitario, l'operatore shiatsu escrive le storie che lo scelgono. È papà di una bella bimba, e stareimparando a fotografare. Ha scritto per Topipittori il libro Nonsi incontravano mai, illustratoda Claudia Carieri.