A Padova, al Museo Diocesano, in piazza Duomo 11, è in corso la mostra A tavola. I colori del Sacro , 8° Rassegna Internazionale di Illustrazione, che durerà fino 26 giugno. Ho fatto parte della giuria che ha selezionato le opere, presieduta da Andrea Nante, direttore del Museo Diocesano e coordinatore scientifico della manifestazione, accanto ad Alicia Baladan, Marnie Campagnaro, Giorgio Bezze, Currado Bosi, Antonio Panzuto e Vania Triolese. È stata un'esperienza molto positiva, sia perché far parte di una giuria è sempre un momento di confronto significativo durante il quale si imparano e si capiscono tante cose, sia perché gli elaborati sul quale abbiamo dato il nostro giudizio erano nel complesso molto interessanti e in alcuni casi sorprendenti. Qualche settimana fa, ho visto la mostra che mi è sembrata davvero bella, sia per l'allestimento curato e intelligente, che valorizza le illustrazioni presenti, facendone interagire i linguaggi, i punti di vista, i temi diversi, sia per la quantità di spunti che offre ai visitatori grandi e piccoli, mettendo in luce quanto quello della tavola sia un tema importante, forte e centrale nella cultura umana: perciò il nostro consiglio è di non perdere l'occasione di vedere questa mostra. Oggi vi offriamo una piccola selezione delle immagini che troverete esposte (76 gli illustratori presenti provenienti da tutti i paesi del mondo; 60 circa quelli partecipanti allla selezione) e un brano, dedicato alla tavola nelle fiabe, dall'intervento di Marnie Campagnaro, Rivoluzione a tavola. Fra opere classiche e narrazioni contemporanee, tratto dal bel catalogo della mostra (l'immagine della locandina è di Carole Hénaff). Ringraziamo il Museo Diocesano per averci permesso la loro pubblicazione. La mostra è accompagnata da un ricco calendario di incontri e laboratori che trovate qui.
[di Marnie Campagnaro]
Nella fiaba, l’eroe o l’eroina fuggono da una situazione iniziale di privazione, abbandono o tribolazione e si mettono in viaggio alla ricerca della felicità: attraversano boschi e foreste bui e minacciosi, scendono in pozzi profondi, salgono su alberi altissimi, navigano su fiumi e mari inquietanti. Affrontano un mondo ostile con difficilissime prove da superare.
La domenica arrivavano così tanti ospiti, Victoria Antolini Semykina.
Alla fine, però, riescono sempre ad adempiere al loro compito e fare felice ritorno a casa. La fiaba, nata per meravigliare, fa compiere ai suoi protagonisti, creature umane che convivono con esseri soprannaturali (fate, streghe, orchi, gnomi, draghi con poteri magici ecc.) azioni inverosimili, stranianti, concepibili esclusivamente nelle terre del fantastico. Eppure, nonostante l’incontro con il mondo dell’altrove, gli avvii, gli avvitamenti o le chiusure delle fiabe avvengono nel contesto massimo di domesticità.
Attimo, Roberta Santi.
In numerosissime fiabe classiche, l’avventura ha inizio o l’ordine si ristabilisce intorno alla tavola. In esse, il compito dell’apparecchiatura è un passaggio narrativo significativo, compito riscontrabile anche nella tradizione popolare: «le tavole apparecchiate e il cibo offerto appartengono all’accoglienza che si voleva riservare alle divinità notturne cui si può far risalire la venuta della Befana, e nondimeno a scene focali di fiabe come La bella addormentata nel bosco» (Bernardi M. Infanzia e fiaba, Bononia University Press 2007, p. 183). Esaminiamo alcuni esempi.
Soon, very soon, Ali Namvar.
Nella fiaba di Cappuccetto Rosso, quando la mamma impartisce alla figlia le istruzioni per raggiungere la nonna malata e debole, il dialogo fra le due e la consegna delle cibarie avviene intorno a una tavola, come nella moderna rivisitazione di Roberto Innocenti. In Hänsel e Gretel, la strega attira i bambini affamati e stremati dentro la sua casetta con la promessa che lì si sarebbero trovati proprio bene e, a suggello delle sue parole, fa trovare loro una tavola imbandita di buon cibo, latte, frittelle zuccherate, mele e noci.
Cat family's dinner meeting, Reiko Takano.
Non meno inquietante è la tavola apparecchiata dalla matrigna malvagia ne I cigni selvatici, ansiosa di disfarsi dei figli del re suo sposo. Per merenda, anziché offrire alla figliastra Elisa e agli undici principini dolci e mele al forno, prepara la tavola per il tè con poche tazze e null’altro: all’interno di esse non vi è traccia della calda bevanda fumante. La matrigna ha pensato bene di mettervi solo un po’ di sabbia.
Padre e figlia, Chiaki Shoji.
Ne Il principe ranocchio o Enrico di ferro, di cui esistono interessanti riscritture contemporanee, il brutto ranocchio ripoterà l’amata palla d’oro, caduta in una sorgente profonda, alla bellissima figlia del re, non in cambio di vesti, perle, gioielli o corone d’oro, ma a condizione di poter, fra le altre cose, sedere alla tavola della principessa, di poter mangiare dal suo piattino e di poter bere dal suo bicchierino. Anche ne I musicanti di Brema i quattro animali, l’asino, il cane, il gatto e il gallo, dopo aver ingegnosamente scacciato i briganti dalla loro casa, sanciscono la conquista della nuova dimora, sedendosi a tavola e abbuffandosi gioiosamente con gli avanzi lasciati dai fuggiaschi.
Momento sospeso, Sylvie Bello.
Altra fiaba, altra tavola imbandita. Questa volta siamo ai regali festeggiamenti per il battesimo dell’incantevole principessa ne La bella addormentata nel bosco. La tavola è magnifica: davanti al posto a sedere di ognuna delle sette fate, invitate in qualità di madrine, è stato apparecchiato un magnifico coperto con un astuccio d’oro massiccio contenente cucchiaio, forchetta e coltello d’oro tempestati di diamanti e di rubini. Gli invitati stanno prendendo posto a tavola, c’è aria di festa e di gioia. Improvvisamente, la porta si spalanca ed entra una vecchia fata: non è stata invitata, non è stato apparecchiato il suo posto e non c’è alcun astuccio d’oro ad attenderla sulla tavola. La sua vendetta sarà terribile.
Hope, Daša Simčič.
Ancora più tremenda sarà la vendetta servita sulla tavola della fiaba La Matrigna di Giuseppe Pitrè: la figlia orba sarà fatta a pezzi, messa sotto sale come il tonno e servita sul un bel piatto di portata sulla tavola di una matrigna perfida e astiosa. E che dire delle tavole imbandite per ammaliare giovani e avvenenti fanciulle come Bella nella fiaba di M.me Leprince de Beaumont o per festeggiare nozze fiabesche come, ad esempio, la tavola intorno alla quale l’ingegnoso re de La guardiana delle oche fa sedere la principessa gabbata e la furba fantesca, chiedendo a quest’ultima in presenza di tutti gli invitati di risolvere un indovinello, la cui soluzione ne decreta la condanna? O la tavola sulla quale l’Orco, che sta per essere divorato da Il Gatto con gli stivali, non riuscirà a banchettare e che sarà astutamente adoperata da quest’ultimo per far accomodare re e principessa e arrangiare le nozze del figlio del mugnaio alias Marchese di Carabas?
Sofri Irani, Narges Mohammadi.
O ancora la bizzarra tavola arrangiata per le nozze del soldato con la figlia del re nell’Acciarino magico, alla quale sedettero anche i grandi cani, quello con gli occhi grandi come tazze di tè, quello con gli occhi grandi come macine di mulino e quello con gli occhi grandi come la Torre Rotonda di Copenaghen? E, infine, come non ricordare gli splendidi banchetti fatti approntare dal sanguinoso Barbablù per blandire giovani donne e indurle alle nefaste nozze?
Memory of 1997-Iran, Vasso Psaraki.
Nelle fiabe cui si è fatto cenno, la tavola è testimone silente non solo della quotidianità (colazioni, pasti, merende), ma anche di ricorrenze ed eventi speciali quali nozze, anniversari, l’arrivo di un figlio o di una figlia, di uno straniero e ne rivela il senso di intimità e di complicità familiare. Evocando l’idea del pasto in comune, essa vive di una ritualità fatta di gesti preparatori, di attese che si condensano nell’espressione «A tavola! È pronto!». Rivela la qualità dell’amore, la prosperità e la felicità racchiusa in quel sedersi vicino, mangiare e chiacchierare assieme. Rivela l’importanza di un tempo condiviso, che diventa occasione preziosa di espressione di sé. Un pranzo, come sottolinea la studiosa Ilaria Filograsso, «non è soltanto un atto in cui si sazia un bisogno fisiologico: le pratiche alimentari, i differenti usi e sistemi di alimentazione, le maniere a tavola rappresentano un canale di espressione attraverso il quale una società esprime le proprie essenziali inclinazioni, mettendosi a nudo, rivelando implicitamente i suoi conflitti e i suoi limiti» (Polisemia della fiaba, Anicia 2005, p. 59).
Brano tratto da Rivoluzione a tavola. Fra opere classiche e narrazioni contemporanee di Marnie Campagnaro, in A tavola. Ottava rassegna internazionale di illustrazione.
The first supper, Natalia Gurovich.