La prima novità Topipittori del 2020 è di Beatrice Alemagna, La bambina di vetro, un gioiello e un omaggio dell'autrice all'amatissimo Rodari.
[di Beatrice Alemagna]
Quando ero piccola, dai nostri letti a castello di legno chiaro, mia sorella e io, ancora analfabete, ascoltavamo mia mamma leggere le Fiabe Italiane di Calvino. Mentre ricordo ancora come spesso sprofondavo nella cupezza e nella paura per Calvino, ho conservato integro in me il ricordo delle mie prime letture indipendenti di Rodari. Le Favole al telefono è un libro che mi ha stravolta e marchiata a fuoco. Mi erano state narrate sufficientemente le fiabe italiane, o i Racconti di Pirandello, per non accorgermi che oltre alla tradizione, nelle storie di Rodari c’era un oceano di novità travolgente.
La prima cosa che ho sentito con Rodari, è stata l’ispirazione. L’spirazione alla libertà. Libertà che ho sempre tentato di trasmettere nei miei libri, ma anche, a dirla tutta, nei miei disegni. Rodari ha propriamente costruito il mio modo di vedere, di immaginare. Ha gettato le fondamenta al mio universo visivo. Per questo spesso dico che ogni mio libro ha dentro una parte di lui. Si può assolutamente dire che Gisèle de verre (in italiano il titolo è La bambina di vetro) è la sorellina francese di Giacomo di Cristallo.
Ho scritto la prima Gisèle diciotto anni fa, ripensando alle Favole al telefono, d’un tratto, come in un lampo abbagliante. Attraversavo la Piazza della République, mi raccontavo la storia e fremevo all’idea di andare a scriverla e disegnarla. Pubblicato in Francia nel 2002 con le Éditions du Seuil (allora dirette dal visionario Jacques Binsztock), l’albo è stato poi tradotto unicamente in Corea e Giappone, ma le immagini del libro hanno viaggiato in più di dodici paesi e ispirato (lo dico infine senza false modestie) numerosi aspiranti illustratori. Il recente Gisèle è uscito in una coedizione tra Francia, Italia, Inghilterra, Stati Uniti, Spagna, Corea, Giappone e Cina. A differenza del suo gemello italiano, Gisèle non viene messa in prigione, ma solo esclusa e costretta a cercare dove andare. Non si vede la sua rabbia, ma solo i suoi pensieri. Gisèle non è una storia che parla di quanto sia potente la verità, ma di autostima e di coraggio. Di viaggio, di ricerca e di speranza. I due personaggi agiscono e patiscono la loro trasparenza in modi diversi.
Erano ancora più opposti, nella prima versione di questo mio libro. In effetti, lavorare alla nuova edizione di Gisèle è stata per me un'occasione unica e irripetibile: rivedere uscire un mio libro “giovanile”, ma con la possibilità di rimediare alle ingenuità e agli “errori” da più adulta (l’amato Rodari mi scuserà per questa parola tanto offensiva quanto inutile). Ho dunque deciso di rilavorare al testo e alle immagini. Ora la copertina cambia (rispetto alla prima versione è molto più semplice e immediata), oltre all’immagine del muro con le crepe in cui Gisèle appariva meno proporzionata. Nella nuova Gisèle c’è finalmente quella ribellione rodariana, quell’irriverenza agli adulti, la diversità, la forza del femminile al di là dello stereotipo, che mancava alla prima.
Le due versioni di Gisèle a confronto.
Come in ogni fiaba rodariana, Gisèle gioca a capovolgere. Il bello è brutto. Il fantastico è spaventoso, il magico è senza interesse , il troppo buffo può persino rendere tristi e la fragilità è di una forza stupefacente (tema che ho poi trattato nei Cinque Malfatti, ma da tutt’ altro punto di vista). I bambini sono i capi. I bambini sono i giusti. I bambini non si toccano. L’ho imparato da Rodari. E l’ho detto per la prima volta con Gisèle. Come spiegavo, la prima Gisèle non era davvero rodariana. Restava spettatrice del suo destino, tristemente in attesa di essere accettata. In questa nuova versione è contenuto per me un inno alla libertà. Quella a cui tutti aspiriamo e a cui tutti hanno diritto.
Questa Gisèle è ancora più sorella di Giacomo, nel suo ribellarsi, scalciare e infine decidere per la sua liberazione. Gisèle de verre è il mio omaggio più diretto al grande Rodari, ma infine omaggia anche Munari, i suoi fogli trasparenti, la sua poetica basata sull’effimero e il cangiante.
Sono trepidante di vedere uscire questo libro in Italia per la prima volta, dopo così tanti anni, (diciotto sono davvero tanti, dico io, e i libri hanno gran tempo di invecchiare malamente) e in questa nuova versione. La bambina di vetro ero io, quando soffrivo disperatamente di non poter dire tutto quello che pensavo. La bambina di vetro contiene tutta la mia infanzia. Quella a bocca aperta, piena di libertà e di poesia. Quell’infanzia onesta e trasparente, dentro ai letti di legno chiaro.