Liberi dalla gravità

[di Francesca Zoboli]

Robin Rhode è nato nel 1976 a Cape Town, in Sudafrica, e ha studiato  all’AFDA, (South african schhool of motion picture and live performance). Il suo approccio all’ arte è decisamente multi disciplinare: fotografia, performance, disegno, scultura,  montaggio in stop motion fanno parte del suo armamentario espressivo che è al servizio di una narrazione immaginaria legata al mondo della strada, dello sport, della vita  quotidiana.

I suoi lavori spesso consistono in disegni su muri o pavimenti, molto semplici e tracciati con segni neri /bianchi di pennello o gessetto, disegni tracciati in fretta, spesso di oggetti o di sequenze di movimenti, come si vede nei fumetti e nei cartoni animati, ma con echi di pittura futurista.

Robin Rhode, He Got Game, 2001.

Robin Rhode, Color Chart, 2004-2006.

Robin Rhode, Promenade 1, 2009.

Robin Rhode, White Walls, 2002.

Con questi disegni  l’artista interagisce completando con le sue azioni il senso del disegno, che si trasforma sempre in qualcosa di sorprendente, in una situazione fantastica o impossibile qui sulla nostra terra, dove ogni cosa è soggetta alla forza di gravità.

A Rhode piace molto coinvolgere le persone e i bambini nei suoi lavori, i luoghi delle sue azioni sono per lo più urbani: strade, cortili, i muri, e certamente il suo spirito si avvicina molto a quello degli street artist, anche lui fa riferimento alla cultura hip-hop raggiungendo però  livelli espressivi molto sofisticati  tanto che i suoi riferimenti spaziano dall’arte concettuale di Man Ray e Duchamp, ai costruttivisti russi fino a Basquiat.



Robin Rhode, Chalk Bike, 2015.

Robin Rhode, New Kids on the Bike, 2002.

Robin Rhode, Marongrong (Colour Wheel), 2002.

Ho conosciuto Robin Rhode e il suo interessantissimo lavoro, che fino a qualche mese fa ignoravo, grazie al libro Bianco, della collana Piccole storie di colori, con i testi di Valentina Zucchi, nato in collaborazione con i Musei Civici di Firenze, di cui lo scorso anno ho realizzato le illustrazioni. Come forse sapete questi libri (le Piccole storie di colori fanno parte della collana PiPPo) fanno riferimento ad artisti e opere d’arte, e nel testo che dovevo illustrare, alla voce bianco gesso, era proposto il lavoro di questo artista.

Quando in occasione dell'apertura della 34 Mostra d'illustrazione di Sarmede, Le immagini della fantasia, mi è stato chiesto di progettare alcuni laboratori sul libro, oltre a Bianco su Bianco, ispirato a Morandi, di cui ho da poco raccontato su questo blog,  ho pensato che sarebbe stato bello provare a farne qualcuno ispirandomi al lavoro di Rhode.

Illustrazione di Francesca Zoboli ispirata a He Got Game di Robin Rhode per Bianco.

Presso la Casa della Fantasia, a Sarmede, è stata allestita una parete coperta da grandi cartoncini neri che, messi insieme allestivano un'area sufficiente per poter disegnare liberamente coi gessetti, in modo che i bambini potessero essere contenuti nel disegno che avremmo realizzato insieme. Dopo essermi  fatta raccontare in che situazione avrebbero voluto trovarsi i bambini in relazione col soggetto disegnato, ci siamo messi all'opera, un po’ con lo spirito di quella famosa scena di Mary Poppins in cui i protagonisti entrano nel mondo fantastico dei disegni tracciati sul marciapiede dallo spazzacamino Bert.

Alla fine di ogni intervento veniva scattata una foto e la bravura dei bambini era anche quella di scegliere le pose, i gesti e le espressioni, attraverso cui potevano aggiungere un taglio espressivo personale al loro progetto di narrazione fantastica. Ci siamo divertiti molto tutti.

I lavori realizzati durante il laboratorio alla Casa della fantasia di Sarmede.

Il secondo laboratorio di questo tipo l’ho condotto alla biblioteca di Montebelluna, dove l’età dei bambini era molto bassa, 5 anni.

Per motivi logistici allestire una parete era impossibile, quindi ho proposto di fare lavorare i piccoli su cartoncini neri  formato A3, e di utilizzare le mani come attori.

Dopo avere mostrato alcune immagini che facessero loro capire la logica del laboratorio, abbiamo iniziato a immaginare quali azioni potessero compiere i bambini le mani, e la fantasia si è scatenata, come potete vedere dalle foto che illustrano questo post.

In tutti e due i casi la partecipazione emotiva dei partecipanti è stata molto forte, e anche per questo bambini e ragazzi si sono molto divertiti: sicuramente poter immaginare una storia, disegnarla, e poi poterci entrare dentro e infine fotografarla, portando a testimonianza come un giorno si è potuti entrare in una dimensione fantastica, è un esperienza entusiasmante.

I lavori realizzati durante il laboratorio alla Biblioteca di Montebelluna.