[di Monica Monachesi. Foto di Piero Baraldo e Monica Monachesi]
A Vicenza, fino al 2 giugno, è in corso la XI edizione del Festival Biblico: Custodire il Creato, coltivare l’Umano. Lo pose nel giardino di Eden, perché lo coltivasse e lo custodisse (Gen 2,15). Il tema dell’anno è sviluppato in un ricco calendario di conversazioni, lectio magistralis, convegni, spettacoli, animazioni, consultabile qui.
Nell'ambito di queste manifestazioni, al Museo Diocesano di Vicenza, fino al 21 giugno è visitabile la mostra di illustrazione I doni della gigantessa: i custodi del creato siamo noi, creata appositamente per questa occasione, a cura di Monica Monachesi per la Fondazione Stepan Zavrel di Sàrmede. Il titolo della mostra è stato ispirato dal libro Il regalo della gigantessa, con testo di Guia Risari e illustrazioni di Beatriz Martín Terceño.
Illustrazione di Beatriz Martín Terceño tratta da Il regalo della gigantessa.
Un appuntamento con immagini e parole, per piccoli e grandi lettori, attorno a un tema grande come il cosmo, importante come ogni sua più piccola creatura. Le Scritture, l’uomo e il giardino della creazione, accanto a miti di popoli lontani, per ritrovarsi in illo tempore, in principio, consapevoli del presente. Un percorso di libro in libro sul filo dell’evocazione e della poesia per risvegliare la meraviglia, per custodire e coltivare se stessi, l’altro, il creato.
Illustrazioni e libri nell'allestimento della mostra I doni della gigantessa: i custodi del creato siamo noi.
Una mostra articolata in varie sezioni: Giardino di libri, Meraviglie, Cosmogonie, La parola, le parole, I custodi del creato siamo noi, Prolungamenti, e sulle quali, qui, è possibile trovare tutti i riferimenti a libri, autori, editori presenti.
La mostra è nata nel segno della meraviglia, ed è soprattutto di questo che vorrei parlare. È nata grazie al contributo di tanti illustratori, autori ed editori che mi hanno aiutata a comporre questo appuntamento con la dedizione di chi crede profondamente nell’importanza dell’offrire bellezza.
Costruirla è stata un’avventura e poi è stato come ricevere un regalo ammirarla allestita al Museo Diocesano, grazie alla cura e al coordinamento di Antonio Pigatto e Simona Tozzo. Impossibile nominare tutte le cose meravigliose esposte, - tavole originali, libri, film, parole - ma spero di restituire il senso corale di tutto ciò: una sorta di canto di lode ai doni che ci circondano, e di cui dobbiamo accorgerci e lasciarci stupire.
Per costruire la sezione Prolungamenti che offre in consultazione libri sul tema, ho parlato con numerosi editori spiegando il progetto, trovando massima disponibilità e collaborazione, nel cercare insieme i titoli più adeguati e significativi della loro produzione.
A Giovanna Zoboli ho chiesto una sua riflessione attorno alla meraviglia: le sue parole colgono esattamente il senso di questa esposizione.
Henry Matisse sosteneva che l'arte è sempre religiosa. Non intendeva con questo significare che l'arte debba esclusivamente occuparsi di temi religiosi o che l'unica arte autentica sia quella che si occupa di tali temi. La religiosità a cui allude Matisse non riguarda né i soli credenti né la pratica religiosa confessionale. È qualcosa di più, perché è il cuore dell'esperienza interiore, spirituale e non appartiene alle chiese e alle dottrine, ma a tutti gli esseri umani. Si comprende meglio cosa Matisse intendesse, quando spiegava che quella che cercava di raggiungere nel suo lavoro era una condizione mentale che definiva di preghiera. Uno stato di concentrazione, silenzio, attenzione, pace, sospensione. Uno stato di meraviglia, cioè di contatto con il profondo di sé e delle cose capace di renderlo al massimo grado partecipe, grato e sensibile alla vita. La meraviglia non è l'emozione fine a se stessa a cui alludono spesso i nomi dei parchi dei divertimenti: una sequenza senza fine di sorprese, forti emozioni e colpi di scena fondati sulla stranezza, l'incredibile, la bizzarria. La meraviglia è uno stato d'animo che nasce dal profondo e ha la straordinaria funzione di metterci in relazione con le cose, noi stessi, gli altri. La meraviglia è la chiave di volta dell'attenzione, del pensiero, della comprensione. Va coltivata e nutrita ogni giorno con intelligenza, pazienza, fiducia. La meraviglia, insomma, non è quella caratteristica leziosa e graziosa che gli adulti attribuiscono all'età infantile, espressione di un'ingenuità e innocente ignoranza, presto e auspicabilmente sostituita dal 'realismo', inteso come capacità adulta di pensare le cose “come sono”. La meraviglia dei bambini è una attitudine della loro serietà, della loro pervicace necessità di comprendere e di amare, di conoscere e di entrare con intensità in relazione con se stessi e ciò che hanno intorno. E questo perché la meraviglia, per tutti, non solo per i bambini, rimane uno fra gli strumenti di crescita e sviluppo fra i più importanti. Privarne gli esseri umani è una perdita, una sciagura irreparabile.
Per la sezione Meraviglie, ho coinvolto Marina Marcolin, chiedendole di interpretare due poesie di Wisława Szymborska: La fiera dei Miracoli e Disattenzione. Ecco le sue incisioni nate nella stamperia Busato di Vicenza.
Marina Marcolin, Danza, incisione, 2014.
Marina Marcolin, Pioggia, incisione, 2014.
La Fiera dei miracoli
Un miracolo comune:
l’accadere di molti miracoli comuni.
Un miracolo normale:
l’abbaiare di cani invisibili
nel silenzio della notte.
Un miracolo fra tanti:
una piccola nuvola svolazzante,
e riesce a nascondere una grande pesante luna.
Più miracoli in uno:
un ontano riflesso nell’acqua
e che sia girato da destra a sinistra,
e che cresca con la chioma in giù,
e non raggiunga affatto il fondo
benché l’acqua sia poco profonda.
Marina Marcolin, Stelle, incisione, 2014.
Un miracolo all’ordine del giorno:
venti abbastanza deboli e moderati,
impetuosi durante le tempeste.
Un miracolo alla buona:
le mucche sono mucche.
Un altro non peggiore:
proprio questo frutteto
proprio da questo nocciolo.
Un miracolo senza frac nero e cilindro:
bianchi colombi che si levano in volo.
Un miracolo, e come chiamarlo altrimenti:
oggi il sole è sorto alle 3.14
e tramonterà alle 20.01.
Un miracolo che non stupisce quanto dovrebbe:
la mano ha in verità meno di sei dita,
però più di quattro.
Un miracolo, basta guardarsi intorno:
il mondo onnipresente.
Un miracolo supplementare, come ogni cosa:
l’inimmaginabile
è immaginabile
Durante l’inaugurazione, Marina era accanto alle sue incisioni e alle illustrazioni, esposte in mostra, per il libro Poesia della notte, del giorno e di ogni cosa intorno. Dedicava libri ai visitatori. A sinistra del frontespizio, uno degli straordinari doni che ha creato sul momento con matite e sfumini.
Il regalo della gigantessa, l'edizione itaIiana.
All’inaugurazione ha partecipato anche Guia Risari che ha letto al pubblico Il regalo della gigantessa (e ha poi composto una poesia collettiva estemporanea cogliendo parole dai visitatori). Di questo libro siamo molto fieri di avere realizzato l’edizione italiana. Ringrazio per questo l’editore Crispino di Girolamo, BUK BUK, che ha creduto in questo progetto, e Arianna Squilloni, editrice A buen Paso, che sin da subito ha collaborato alla costruzione di questo importante risultato.
Ringrazio anche AZ Grafiche che ha poi compiuto il miracolo materiale: la stampa e rilegatura del libro in tempo record e con ineccepibile qualità.
I custodi del creato siamo noi è la sezione video dedicata a due capolavori dell’animazione creati da Frédérick Back, dedicati al rapporto uomo-natura. Uno di questi è Tout rien (1978), che vi propongo qui.
Jean Giono offre la conclusione ideale a questo giro "virtuale" della mostra, che ha lo scopo di segnalare cosa vi si può incontrare. L'animazione di Frédérick Back per L’uomo che piantava gli alberi, ovvero la storia dell’atleta di Dio ci fa comprendere «come gli uomini potrebbero essere altrettanto efficaci di Dio in altri campi oltre la distruzione». Come scrive Franco Tassi nella prefazione al libro edito da Salani: «Dietro a questa insolita storia positiva, persino ingenua, si cela invece un messaggio profondo. Capace di propagarsi nell’animo e nella cultura umana come le radici, i rami, le foglie e i frutti dell’albero sul terreno circostante. È un messaggio di riconciliazione dell’uomo con madre natura, è un messaggio di rinascita della foresta e della vita là dov’erano state incoscientemente annientate».
I custodi del creato siamo noi: è proprio così, dunque. Grazie, perciò, a tutti coloro che adoperano la propria creatività per ricordarcelo nei modi più inattesi, per aiutarci a gioire dei doni che la gigantessa, misteriosamente, ci fa di continuo. Prendiamoci il tempo di accorgercene e siamone custodi.
Tavola di Frédéric Back per L'uomo che piantava gli alberi.