Stanze di natura

Un’esperienza di insegnamento

[di Francesca Zoboli]

Il desiderio di annullare la separazione fra il dentro e il fuori degli ambienti domestici è antica quanto l’uomo. Chi non è rimasto incantato di fronte ai giardini, popolati di uccelli, fiori e frutta, dipinti sui muri delle case pompeiane? O di fronte ai vertiginosi cieli che sfondano soffitti di palazzi e chiese barocche? Nel garbato Secolo dei Lumi, eleganti papier peint rivestivano le pareti con raffigurazioni esotiche, di piante e animali, emblemi dei nuovi imperi coloniali. E in quel formidabile periodo definito Art Nouveau, l’elemento vegetale caratterizzò ogni dettaglio architettonico, trasformando la casa in un ibrido tra cultura e natura.

Con le raffinatissime tappezzerie stampate di William Morris, l’aspirazione a fare delle case giardini, giungle e foreste, è diventata praticabile da ampi strati delle popolazioni, ormai prevalentemente inurbate e quindi private di un rapporto diretto col mondo naturale.

Tappezzeria stampata di William Morris.

Durante quindici anni di lavoro come decoratrice di interni, mi sono confrontata spessissimo con questi temi. Oggi, come designer di wallpaper per Wall&Decò, si sono aperti per me nuovi percorsi di ricerca a cavallo fra pittura e decorazione. Per questi esperimenti, molto spesso, scelgo soggetti che provengono dal mondo naturale.

Biancospino e Giunone: due wallpaper di Francesca Zoboli per Wall&Decò.

Negli ultimi anni, il concetto di wallpaper si è alquanto modificato, slegandosi dall’idea di tappezzeria, ovvero di motivo ripetuto a formare un pattern. Con wallpaper, oggi, si intende più una illustrazione gigante o una grande immagine che non necessariamente andrà a ricoprire in modo uniforme tutte le pareti di una stanza. Questa nuova impostazione offre agli artisti infinite possibilità di rappresentazione, in cui può trovare spazio perfino l’ironia.

Nell’estate del 2019, in quel luogo incantevole che è il Masetto, ho tenuto un workshop sulla progettazione di wallpaper: Il muro che non c’è. Progettare wallpaper tra paesaggio e natura. Questo era il programma:

  1. Dove si narra di come il paesaggio è entrato nelle stanze e di come le stanze hanno perso i muri.
  2. Dove si esce all’aperto e si va a caccia di ispirazioni visive e di materiali naturali, usando semplici strumenti di indagine come il disegno e la fotografia.
  3. Dove si vede come tutte le immagini raccolte vanno a comporre un archivio collettivo che sarà ordinato secondo logiche stabilite dal gruppo di lavoro.
  4. Dove il processo attivato condurrà a riflessioni personali e a pratiche pittoriche e dove saranno esplorati percorsi che porteranno alla progettazione di wallpaper.
  5. Gran finale in cui la strada fatta fin qui sarà riassunta visivamente in una raccolta di carte, immagini, suggestioni e bozzetti che andranno a formare una sorta di catalogo/campionario/storyboard per ricordare come si attivano le idee.

In tre giorni abbiamo, nell’ordine: passeggiato nel bosco reperendo materiali utili; allestito la raccolta nel laboratorio; disegnato impiegando varie tecniche come il frottage, la monotipia e lo stencil; costruito dei quaderni rilegati alla giapponese, a parer mio meravigliosi, contenenti il lavoro di ognuno. Una bellissima esperienza per me.

 

Questo è stato l’embrione di quello che sarebbe poi diventato un corso vero e proprio che ho condotto per due anni allo IED di Torino per il corso di illustrazione. Anche qui, inizialmente, si è proceduto alla creazione dell’archivio collettivo creato in classe dagli studenti, lavorando, poi, con varie tecniche pittoriche. A differenza della prima esperienza al Masetto, qui i ragazzi avevano a disposizione tutte quelle tecnologie che hanno permesso di integrare con il digitale le immagini ottenute in modo analogico, rendendo più complessi i risultati, presentati poi attraverso rendering ambientati molto efficaci.

Quaderno di Giorgia Gasparini.

Quaderno di Victoria Schiavenza.

Rendering di Giada Scarsetto.

Quest’anno, invece, il corso si è tenuto online, perciò ho dovuto in parte riformularlo, eliminando tutta la parte iniziale basata sul lavoro di gruppo in aula. Per sostituirla, ho pensato di proporre illustrazioni scientifiche di animali, piante e organismi naturali vari, tratte da internet, come motore immaginifico cui appoggiarsi. Temevo il gap nell'insegnare alcune tecniche pittoriche attraverso una webcam, ma i risultati sono andati per me oltre le aspettative: le immagini scientifiche precise e dettagliate, usate come basi di partenza, hanno subito sorprendenti metamorfosi, diventando ambigue, pop, eteree o arricchendosi di imprevedibili accostamenti.

Wallpaper di Herta Arnaud.

Studi e particolari del wallpaper di Gianluca Chivassa.

Studi e rendering di Petra Zublasing.

Studi e rendering di Aurora Di Lillo.

Rendering di Jinyu Zhang.

Rendering di Beatrice Polo.

Rendering di Sabrina Venturini.

In queste esperienze di insegnamento ho capito che per me è importante cercare di rendere gli studenti capaci di leggere criticamente i propri lavori, renderli sensibili ai segni, alle forme, ai rapporti fra gli elementi di una composizione come figura, sfondo, ritmo. L’insegnamento di una tecnica è sempre al servizio di tutto questo, e l’analisi dei lavori è necessariamente un momento di confronto collettivo, materia viva su cui riflettere insieme.

Insegnare significa accompagnare in un percorso creativo che va formandosi nel momento stesso in cui avviene, grazie alla consapevolezza: un po’ come quando si attraversa un fiume, capendo di passo in passo dove convenga appoggiarsi. Spero, almeno in parte, di riuscire a guidare questa esperienza abbastanza straordinaria.