Un giorno Susanna Mattiangeli, che è la bravissima scrittrice di Gli altri e di parecchie altre cose, sulla sua pagina Facebook ha scritto di aver trovato un libro degli anni Settanta, periodo della sua infanzia, che ha suscitato molta curiosità e molti ricordi. Le immagini che ha postato e il modo in cui l'ha scritto, con il suo umorismo travolgente, ci sono talmente piaciuti che le abbiamo chiesto di raccontarci di più. E lei lo ha fatto in due bellissimi post che, oltre a mettere di buon umore, raccontano molte cose interessanti dei libri di quel periodo dei quali fra l'altro, in questi ultimi anni molto si è parlato. Grazie , Susanna.
[di Susanna Mattiangeli]
Quando avevo nove anni, dopo aver partecipato a una trasmissione di una tv locale che si chiamava VideoUno, ho vinto un’enciclopedia.
Non ricordo i dettagli, era una storia di grandi che fanno firmare fogli e di mamme che parlano tutte insieme: ad ogni modo un giorno è arrivata a casa una scatolona con 14 volumi dentro.
Non era un’enciclopedia avvincente come quella della medicina, che aveva le foto delle piaghe e della carne decomposta, ma insomma interessante lo stesso, molto colorata, varia; fatta - si capiva - da gente simpatica con tante idee. A un certo punto cominciò a piacermi tanto: aprivo un volume a caso e imparavo tecniche di guerriglia, leggevo schede sul femminismo, sulla devianza, su Sacco e Vanzetti, sulla sedia elettrica.
L’enciclopedia si chiamava Io e Gli Altri, era stata pubblicata dalla casa editrice La Ruota di Genova, nel 1975, e aveva le illustrazioni di Emanuele Luzzati, Flavio Costantini, Roberto Ravazzi, Giannetto Coppola e altri.
La mia era un’edizione successiva, con la copertina meno bella, di Nuova Editoriale, che però all’interno era identica a quella originaria tranne per la presenza di due volumi finali, detti Videorama, in cui le immagini erano raccolte per essere ritagliate e usate nelle ricerche, anche se io non ho mai osato tagliare nulla.
Su Io e Gli Altri trovavi notizie sulle Alpi, ma anche sull’Accumulazione primitiva del capitale; sui Cetacei, ma anche sul Contratto di Lavoro, la Censura e la Cia; su Garibaldi, ma anche sugli Hippies, via via fino a Psicoanalisi, Propaganda, Razzismo e Zapata.
Perché sì, potevi consultare un dizionario, però negli altri volumi il sapere era organizzato per filoni: Io e Gli Altri, le Civiltà, Materia ed Energia, l’Evoluzione, cose così. C’era un volume dedicato a La Ricerca, ma dovevi sfogliare parecchio avanti e indietro prima di riuscire a trovare la tipica voce enciclopedica che ti serviva per la ricerca di scuola, o almeno della scuola che frequentavo io, quindi spesso - per fare prima - andavo direttamente a scopiazzare i trafiletti belli e pronti della Larousse, proprio come su Io e Gli Altri dicevano di non fare.
Per la mia maestra andava benissimo copiare e appiccicare vicino una foto, bastava non esagerare con le parole difficili.
In effetti Io e Gli Altri non mi serviva tanto a fare i compiti, ma a capire le cose.
Ad esempio, non c’era una sezione dedicata alla geografia, ma un volume dove si parlava di ambiente e un altro, intitolato Lo Spazio, in cui latitudine e longitudine arrivavano solo dopo aver affrontato il concetto filosofico di spazio, confrontato le rappresentazioni dello spazio nelle diverse culture, i paradossi dell’infinito, la storia del calcolo delle aree, l’orientamento degli animali. Nel volume Il Tempo si esordisce con la conversazione tra Alice e il Cappellaio matto, si parla di durata e successione, di astrologia, fantascienza, di utopia, per concludere con una scheda sulle canzoni di lotta e di speranza.
Ricordo che le illustrazioni di Flavio Costantini mi disturbavano e allo stesso tempo mi attiravano per quel contorno forte, quelle mani grandi che ho provato tante volte a disegnare.
Spesso a quei disegni mancava la didascalia, così bisognava cercare il senso dell’immagine nel testo: uno di questi rappresentava un cuntista siciliano mentre raccontava un fatto di sangue.
Il cantastorie indica i cartelli con la sua mano nodosa, tenendo una chitarra a tracolla. Anche chi non sapeva niente di questo modo di raccontare capiva che quel narratore era dentro la storia che andava cantando e voleva che anche chi ascoltava ci entrasse dentro, che non potesse dire: "ora ascolto questo tizio e poi torno alle cose mie". Le immagini di Io e Gli Altri dicevano ai bambini che non c’è un modo neutrale di raccontare le cose, né di venirne a conoscenza.
L’apparato iconografico, affidato a un collettivo di illustratori, insieme al segno drammatico di Costantini e la leggerezza sapiente di Luzzati, dava spazio alla vignetta comica, all’illustrazione didascalica, all’immagine di repertorio, al linguaggio delle riviste e dei fumetti.
Credo che il contenuto principale di quella lettura sia stato proprio la scoperta dell’esistenza del punto di vista sulle cose, in un’età in cui il pensiero comincia a riflettere su se stesso.
Negli anni si è ripetuta molte volte la scena di agnizione commossa: “Anche tu avevi Io e Gli Altri?”, per cui, mano a mano, ho scoperto che quella che da bambina mi pareva una mia porta privata verso un sapere diverso da quello che mi veniva somministrato in classe, in realtà era stato un progetto editoriale piuttosto diffuso. Un’operazione indipendente, quasi artigianale, non di partito, finanziata dall’editore Angelo Ghiron e realizzata da un collettivo di intellettuali (Giorgio Bini, Piero Fossati, Marcella Bacigalupi), coordinato da Claudio Costantini che ha proposto ai ragazzi il meglio della controcultura del ’68. Vendette 100.000 copie e, quando molte scuole decisero di adottarla in classe, venne dichiarata inopportuna da una circolare dell’allora ministro Malfatti. Libri banditi dalle scuole: cose che accadevano nel 1975.
Certo, in Quel Brutale Finalmente!, libretto della collana Per Leggere Per Fare sempre a cura del gruppo redazionale Io e gli Altri, si legge il resoconto di un film fatto dai bambini in cui un maestro viene ucciso da un alunno a colpi di carabina e non so, forse anche adesso che siamo pienamente liberi di esprimerci, sono sicura che qualcuno la prenderebbe male questa cosa di accoppare i maestri, sia pure per mezzo dell’arte.
Nell’archivio Primo Moroni si trova materiale bibliografico in abbondanza per togliersi una prima curiosità sulle pubblicazioni indipendenti degli anni Settanta che raccontano esperienze o propongono una didattica alternativa. Io l’ho fatto, assaporando il carattere davvero pionieristico di certe operazioni, in cui competenza teorica e lavoro sul campo portavano con sé anche delle ingenuità, nel senso etimologico del termine. A quarant’anni dall’esperienza di Io e gli Altri vale la pena ricordare ancora una volta, sia pure per sommi capi, quella storia, che è legata al Movimento per l’abolizione del libro di testo e alla lunga attività del Movimento di Cooperazione Educativa.
Tra i tanti riferimenti possibili, c’è un riepilogo di quello che è successo in Italia nel volume di Luisa Tornesello Il sogno di una scuola da cui si possono leggere degli estratti qui) per ritrovare il fermento civile e il clima in cui sono nati i Quaderni di Cooperazione Educativa, la collana Il Puntoemme della casa editrice Emme di Rosellina Archinto, i libri de La Tartaruga, di Dalla parte delle bambine e molto altro. Ognuna di queste esperienze è un racconto appassionante, come lo è in generale quello della produzione editoriale indipendente per bambini e ragazzi nell’Italia di quegli anni.
Certo, a questi racconti ne corrispondono altrettanti sparsi in tutta Europa e oltreoceano: modelli di didattica alternativa, iniziative di piccoli gruppi o anche singoli titoli che hanno avuto modo di diffondersi. In casa mia, a parte Io e Gli Altri, le pubblicazioni didattiche erano I Quindici, Dimmi come Funziona e varie antichità di epoca fascista come Il Tesoro: mancavano molti titoli che poi negli anni ho scoperto far parte dei classici della famiglia militante.
Su uno di questi in particolare ho voglia di soffermarmi, anche perché non ne sapevo nulla fino a poco tempo fa. Ma siccome troppo comunismo tutto insieme potrebbe scompigliarmi il sistema operativo, ne parlerò nel prossimo post.