Dopo la prima puntata, dedicata a Io e gli altri, enciclopedia degli anni Settanta, che trovate qui, oggi Susanna Matiagneli vi racconta un libro di storia. Irresistibili entrambi. Buona lettura.
[di Susanna Mattiangeli]
L’anno scorso ho ricevuto in prestito il Libro di Storia edito in Italia da Savelli nel 1971, e tutto quello che si era da tempo sedimentato nella mia memoria è risalito in superficie, mettendosi a vorticare. E se avessi vinto anche questo, insieme a Io e gli Altri? Avrei fatto paragoni? Cosa ne avrei pensato?
Originariamente pubblicato in Svezia nel 1971 da Ordfront, associazione e casa editrice alternativa degli anni Settanta ancora attiva, è il lavoro di maggior successo (venne tradotto in otto lingue, un risultato notevole per un prodotto di questo tipo) di un collettivo di autori - Annika Elmqvist, Bridget Jönsson, Paul Rydberg e Annmari Langemar – che ha pubblicato in seguito una Storia del Vietnam e una storia della rivoluzione francese che non sono state pubblicate in Italia.
Nel Libro di Storia c’è molto fumetto, elemento che deve aver contribuito al successo; ci sono capitoli in cui il testo a stampa si alterna con la scrittura a mano; è pieno di illustrazioni, schemi e tabelle.
La Storia moderna, raccontata in sintesi con salti in avanti e all’indietro, si alterna ai racconti individuali, agli epistolari,
a storielle emblematiche e al vero e proprio manifesto.
A una certa libertà nell’orientamento del testo corrisponde altrettanta libertà nel far convivere diversi linguaggi comunicativi e vari tipi di segno in una stessa pagina. In realtà, una continuità c’è: le immagini dei capitoli sono realizzate con stili legati al periodo che vanno illustrando e, nella prospettiva di ripartire dalle classi lavoratrici, si offre una rielaborazione fumettistica dell’arte popolare di varie epoche e varie latitudini.
Nella prefazione italiana si paragona questo modo di raccontare gli eventi storici alle rappresentazioni del tappeto di Bayeaux e alla tradizione della storia per immagini raccontata al popolo. In effetti è qualcosa di diverso da una storia a fumetti come altre. È come se ci trovassimo dentro alle figure indicate dal cuntista siciliano di Io e gli Altri (vedi il post precedente). Non un solo cartello, ma tanti. Tante possibili storie figurate, tante tradizioni e visioni, per una storia molteplice su cui c’è sempre qualcosa in più da dire.
I quattro autori, ex studenti del Beckmans College of Design di Stoccolma, hanno rielaborato motivi decorativi derivati da contesti il più possibile alternativi a quelli della cultura alta, borghese.
Il risultato visivo generale è sorprendentemente molto omogeneo e oltretutto sembra che certe soluzioni grafiche siano decisamente tornate nel gusto di oggi. Insomma, l’ho tenuto per mesi e non lo volevo più restituire.
L’ho letto, rilegato, ho ricostruito una costina distrutta, l'ho riletto, fotocopiato, ho rilegato le fotocopie, letto ancora una volta e alla fine, quando, ormai senza più scuse, me ne sono separata, ero pronta a partire per la Guinea Bissau al fianco dei rivoluzionari antimperialisti, anche se le cose nel frattempo sono cambiate parecchio.
Se lo avessi avuto da piccola, forse avrei apprezzato quello schematismo un po’ urlato, quel rivolgersi direttamente al lettore. Certo con Io e gli Altri si andava ad approfondire, veniva raccontata una realtà più complessa, mentre i comunisti svedesi ti volevano subito giù in strada con lo striscione.
Non si possono davvero paragonare i volumi dedicati a Le Civiltà di Io e gli Altri al Libro di Storia, anche solo per la differenza nel numero di pagine. Però dal confronto una cosa viene fuori di sicuro: entrambi sono pensati per un pubblico di bambini senza escludere gli adulti, in un’ottica intergenerazionale che ha caratterizzato molte pubblicazioni per ragazzi dell’epoca. Certo, le leggi sacre delle fasce di età erano ancora in fase di scolpitura e i prodotti di allora erano meno specializzati, ma, qualunque fossero le ragioni, a me l’idea che un libro sia adatto a bambini e anche ad alcuni adulti non sembra un fatto così scandaloso. In sporadici, ma notevoli casi, sembra che stia tornando anche questo nel gusto di oggi.
Non so cosa avrei davvero capito da bambina del Libro di Storia, di sicuro mi sarebbero piaciuti i fumetti. Mi avrebbe confuso le idee come piaceva a tutti quei sessantottini: più che darmi risposte chiare, forse avrebbe fatto nascere domande.
Se questo libro è servito a indottrinare le menti giovani, magari quelle menti, proprio perché giovani, avranno avuto modo e tempo di aggiungere nuove parti a quella storia parziale. Quando ero molto piccola, mia nonna mi parlava dei fascisti dei tempi suoi e io allora avevo una gran paura dei fascisti del telegiornale, quelli di Ordine Nuovo, coi baffetti e le basette. Appena ne vedevo uno scappavo in camera mia. Una volta ho anche scritto un appello alla lotta, che iniziava con “Cara mama, sono contro i facisti”. E non avevo neanche il libro dei comunisti svedesi in casa, ho solo ascoltato delle storie con un punto di vista e ho sentito le ingiustizie che contenevano. Di sicuro la scuola che ho frequentato ha creduto di poter azzerare ogni prospettiva, pretendendo di dare una visione obiettiva sulle cose e mandarci a casa per l’ora di pranzo. Perché non era tutta fermento civile, la scuola degli anni Settanta, così come quella di oggi non è solo nozionismo e principio di autorità, ma ogni tanto bisogna ricordare che il pur debilitato filone d’impegno e sperimentazione tuttora presente nella scuola e nelle istituzioni educative italiane ha avuto origine in quegli anni.
Curiosa di avere il parere di un bambino attuale, ho dato il Libro di Storia a mio figlio più piccolo che me l’ha restituito chiedendo: “Ma insomma i mercanti all’inizio erano buoni e poi sono diventati cattivi?”. Che come sintesi del capitalismo forse è un po’ troppo anche per il collettivo del Libro di Storia, però intanto anche dai mercanti cattivi dipendono i prossimi capitoli di storia da raccontare, a fumetti o no.