Caro editor, ti scrivo

La Fieraè un osservatorio e luogo ideale per le novità: il momentoperfetto per presentare i risultati  di lunghi periodidi ricerca e lavoro. Così, l'Associazione Hamelin ha scelto la fieradi quest'anno per presentare la propria rivista rinnovata. Ci ègiunta allo stand portata da Nicola Galli Laforest e, curiosissimi,l'abbiamo sfogliata e letta appena ne abbiamo avuto il tempo.
Anche perché ci ha attratto l'argomento evidenziato sullacopertina dove troneggia un seducente topo pifferaio di SimoneRea: Contro i libri a tema. Un argomento a cuisiamo sensibili (ne abbiamo scritto, tempo fa, sul blog, qui). La metamorfosi della rivista, che nelnuovo formato assume le fattezze di libro, non è un semplice make up ouna riorganizzazione grafica dei contenuti.

Mutata anche nell'impaginazione, Hamelin 30 apre ancheal colore e alle immagini di cui tratta negli articoli, a confermadi quanto sia fondamentale parlarne facendo sì che il lettore lepossa avere sotto gli occhi. E questo è, certamente, fra gli altri,un cambiamento di sostanza.
L'impressione generale èche a far avvertire alla redazione di Hamelin la necessità di uncambiamento sia stato un ripensamento nell'approccio alla materia:ripensamento forse nato dalla percezione della rapidissima evoluzionedel nostro settore, dove sempre più si avverte come fondamentale,nel mestiere di fare libri e di promuoverli, l'ingresso di nuovimedia e tecnologie, un allargamento di orizzonte, un aperturaad ambiti solo apparentemente lontani, un desiderio di dialogo edi confronto con interlocutori e attori diversi, e una generalerielaborazione di dati acquisiti che rischiano, senza un'autenticadiscussione, di calcificarsi in conformismi e luoghi comuni, posizioniacquisite e certezze anacronistiche.

Gli articoli diEmilio Varrà, Nicoletta Gramantieri, Nicola Galli Laforest e GiuliaMirandola, vanno in questo senso e meritano di essere letti (senzanulla togliere agli altri). In particolare, dato il mestiere chefaccio, mi ha colpita la Lettera a un editor, diNicola Galli. Come autrice, prima, e come editor poi, sottoscrivo ogniparola di questa riflessione. E mi sento di completarla con qualcheosservazione.
La discutibile qualità del lavoro deglieditor credo sia il riflesso di un modo di pensare, valutare, produrree considerare i libri, la loro funzione e il loro pubblico. Quandosi smette di attribuire al libro l'autonomia come valore primario,per considerarlo mero strumento al servizio di cause, contenuti,valori, temi, princìpi, strategie, insegnamenti, battaglie e viadiscorrendo, cioè al servizio di tutto, fuorché della necessità elibertà individuale di pensare, elaborare conoscenze e ricercare formenuove, inattese e non conformi, di riflessione e visione, è chiaroche ne va di mezzo la sua stessa sostanza.

Cioè la sua forma peculiare,imprevedibile e inclassificabile quando davvero il libro è irriducibilea funzioni prestabilite. In questo senso, se la forma è percepitacome priva di valore in se stessa, negata come portatrice in sédi senso, fatalmente diventa “funzione di”, materia opinabile epertanto alterabile, plasmabile in vista degli scopi da raggiungere,soggetta all'arbitrio di chi, l'editor, appunto, ne stabiliscela conformità e la correttezza rispetto a obiettivi commerciali,economici, ma anche didattici, ideologici da raggiungere.

Un'idea di forma, questa, che rimanda a un'idea dilettore come contenitore di informazioni modellate, confezionate edosate ad hoc. Un lettore-consumatore di contenutigratificanti che lo confermano nel suo stile di vita, di pensiero edi consumi, che siano ludici, didattici o ideologici. Finché libri,letteratura e lettori saranno mortificati da questo modo di intenderela ricerca culturale, finalizzata all'individuazione di target e fascedi pubblico, non potremo aspettarci che un approccio alla "forma"dei testi (e delle immagini) fondato sull'arbitrio da parte dellecase editrici, e quindi degli editor.

In questi tre anni,come editor della collana Anni in tasca, ho lavoratonel senso di un rispetto fondamentale del progetto e della voce diogni singolo autore. Questo peraltro era il senso originario dellacollana: offrire voci. E le voci si manifestano,primariamente, nella loro originalità e irriducibilità, cioènelle scelte lessicali, nella costruzione dei periodi e del discorso,nell'uso di frasi idiomatiche, nella ricerca di una tonalità propriae unica. In tutti i titoli della collana, infatti, fanno la loroapparizione lessici familiari, dialetti, modi di dire, entra ilparlato, ma anche l'eleganza e la peculiarità della cultura e dellalingua congeniali ai loro autori.

Alla fine,credo che davvero la peculiarità di questi libri sia proporre comeprimaria ai lettori l'esperienza della voce narrante. Cioè della lingua,identificata come esperienza fondamentale, davvero imprescindibile dellaletteratura, del suo valore, della sua bellezza, del suo piacere.
Per questo è stato così difficile, nel panorama attuale dellanarrativa, spiegare la natura di questi libri? Per questo spesso èstato difficile scegliere, in libreria, lo scaffale dove esporrequesti romanzi, considerati inclassificabili? Per questo si èavuta la tentazione di non reputarli adatti ai ragazzi, consideratidestinatari inaccessibili rispetto a un'idea di letteratura che siafferma innanzi tutto come forma di elaborazione dell'esperienza edell'identità, e non come trama o tema? Per questo della collanasono “passati” più i titoli di autori già noti, e quelliincentrati su “temi” riconoscibili e ci si è accorti condifficoltà della qualità di quelli scritti da autori esordientio poco conosciuti che, semplicemente, raccontavano la stranezza,la fatica e la felicità di crescere?

Infiera, a un incontro fra editor a cui ho partecipato, ho sentitodefinire la ricerca della qualità nei prodotti editoriali «vezzodi snobismo intellettuale», addirittura nocivo alla diffusione dellibro e della lettura. E chi si occupa di qualità - intesa comeeccesso di forma rispetto alle limitate possibilità intellettualidell'utenza di massa - addirittura responsabile della disaffezioneai libri e alla lettura. Un punto di vista interessante che mette inluce come l'editore e l'editor vengano intesi, non come mediatori frai lettori e i migliori fermenti di pensiero, esperienze e cultura dellasocietà, ma come creatori di prodotti “per tutti”, realizzati sullamisura delle necessità e dei gusti dei diversi segmenti di pubblico(come se qualità fosse sempre sinonimo di élite:equazione che avrebbe dovuto scomparire da tempo, sulla base di quelche succede in libreria, con il formarsi di numerose interessantinicchie di pubblico, curiose e intraprendenti, ma che nel nostropaese resiste impavida, per quanto superata, come sta dimostrando, inmolti casi felici, proprio il mercato).


L'operato concreto di un editor, gli interventi che praticanel corpo dei testi e delle immagini, è il riflesso non solo dicompetenze culturali e professionali più o meno solide, ma anche esoprattutto di idee e posizioni sul modo di intendere il senso del libroe della letteratura. Quindi, attenzione: quando in libreria scegliamotitoli che ci sembrano “adatti” nella lingua e nei contenuti aun “vasto” pubblico di giovani lettori, riflettiamo che dovremmocominciare seriamente e approfonditamente a pensare a cosa intendiamocon questi termini, perché di sicuro non stiamo valutando solo storie,romanzi, racconti, ma visioni del mondo che, a volte, parassiticamente siimpongono al lavoro, alla cultura e alla lingua dei loro autori. Forsedovremmo tenere sempre ben presente che i criteri su cui si stabiliscela conformità al gradimento e alle “possibilità intellettuali” deilettori si fondano anche su posizioni ideologiche, visioni dell'infanzia,strategie imprenditoriali che poco hanno a che fare con il valore deilibri in se stessi e con le potenzialità reali dei lettori (e dunquecon la possibilità di un incontro autentico fra libri e lettori),e molto, invece, con gli obiettivi, non sempre espliciti, di chi liproduce.
Che nell'immagine di copertina, il topo pifferaio,minacciato, rappresenti l'autore, e il gatto minaccioso, nascostoin quarta, l'editor?

RingraziamoSimone Rea per averci permesso di pubblicare gli schizzi realizzatiper lo studio della copertina della nuova versione della rivistaHamelin.