Un paese di umanisti

Classe di violinisti del Sistema Abreu,Venezuela.

Lascorsa settimana su la Repubblicaè uscito un articolo di Marco Lodoli intitolato: Addiocultura umanista. 
Per i ragazzi non ha senso.Così inizia:

Finita, esaurita, muta,forse non proprio morta e sepolta, ma di sicuro messa in cantina trale cose che non servono più: la cultura umanista sembra aver conclusoil suo ciclo, ai ragazzi non arriva più niente di tutto quel mondoche ha ospitato e educato generazioni e generazioni, che ha prodottouna visione del mondo complessa eppure sempre animata dalla speranza dipoter spiegare tutto nel modo più chiaro, adeguato alla mente dell'uomo,alle sue domande, ai suoi timori. Finito, possiamo mettere una pietrasopra alla filosofia greca, alla potenza e all'atto, alla maieuticae all'iperuranio, alla letteratura latina, alla poesia italiana daPetrarca a Luzi, al pensiero cristiano e a quello rinascimentale,con le loro differenze e le loro vicinanze, ai poemi cavallereschi eagli angeli barocchi, all'idealismo tedesco e al simbolismo francese, aChaplin e Bergman, Visconti e Fellini: è tutto precipitato giù per lescale buie della cantina, tutto scaraventato alla rinfusa nel depositodegli oggetti perduti.

Èchiaro che da qualche parte, in un eccellente liceo classico, esiste eresiste un ragazzo che legge Platone, scrive sonetti, suona il violino estudia la pittura di Raffaello, la vita per fortuna si diversifica peravanzare. Ma per la stragrande maggioranza dei ragazzi di oggi tuttoil patrimonio culturale del nostro Paese non significa più niente. Èun universo in bianco e nero, malinconico, pensante e dunque pesante,polveroso come una parrucca. E non serve che gli adulti lo lucidinoper farlo apparire più vivo: se brilla lo fa come una bara. È così,c'è poco da fare, l'oceano del passato non arriva più a lambirela spiaggia del presente. […]

La vita è adesso, qui e ora, e poidi nuovo qui e ora, e quello che è stato è stato, e tutte lechiacchiere dei vecchi sono fumo nel vento. Il presente si nutre dise stesso, digerisce se stesso e va avanti. L'arte, il pensiero, laletteratura dei secoli andati è lenta, è puro impedimento vitale,ruminamento in epoca di fast food. […]

Non è detto che questo dichiarato disinteresse perla tradizione sia una pura sciagura. Il mondo cambia di continuo,a volte lentamente, per passaggi quasi impercettibili, a volte inmodo brusco, in una sola stagione, in un minuto. I nostri ragazzileggono altri libri, ascoltano altra musica, amano e odiano in unaltro modo, ragionano seguendo strade invisibili... Oggi loro sentonoche la vita è altrove e la memoria non basta a reggere l'urto con leonde fragorose del mondo che sarà, che è già qui: serve energia,e quella non la trovi più nei cataloghi e nei musei.

Classe del Sistema Abreu,Venezuela.


È vero quel che dice Lodoli,che noi adulti non dobbiamo solo rimproverare i ragazzi perché nonconoscono Cechov o Debussy, Pasolini o Bob Dylan, e invece capire"assolutamente dove stanno andando." 
Ma è vero anche, e primadi tutto, che guardandoli,dobbiamo renderci conto di tutte le cose che gli abbiamo impeditodi essere, di fare, di sapere, di amare, tutto quel che gliabbiamo sottratto. E tenercelo anchebene a mente. Perché i fallimenti vanno guardati in faccia o sirischia di auto assolversi sotto una pretesa apertura mentale.

È del tutto incomprensibile che in Italia, ultimopaese in Europa per investimenti in cultura si pensi di attribuire auna sorta di mutazione genetica/culturale (peraltro non chiarita nésufficientemente argomentata) l'impossibilità di una relazione fra nuovegenerazioni e cultura umanistica. Addebitare ai ragazzi l'enormitàdi questo fatto è ingiusto, scorretto e gravemente fuorviante.

Orchestra giovanile del Sistema Abreu,Venezuela.

Nell'ottobre 2013, una indagineOCSE sui cittadini dai 16 ai 45 anni, ha segnalato che i “gliitaliani sono in fondo alla classifica sui saperi essenzialiper orientarsi nella società del terzo millennio”. Si parla, con questo, del fenomeno dell'analfabetismofunzionale, termine che designa "l'incapacità diun individuo di usare in modo efficiente le abilità di lettura,scrittura e calcolo nelle situazioni della vita quotidiana". Spiega unarticolo di la Repubblica: “Non importa,in altre parole, se gli italiani sanno tecnicamente leggere, scrivere efar di conto. Ma l'uso che sono in grado di fare delle informazioni chepossono acquisire anche attraverso le tecnologie digitali. Nell'ultimaclassifica stilata dall'Ocse (l'Organizzazione per la cooperazione elo sviluppo economico), e diffusi oggi dall'Isfol, sulle competenzeprincipali degli adulti il nostro Paese figura all'ultimo posto. Cipiazziamo in fondo alla classica - ultimi tra 24 paesi - per competenzein lettura e al penultimo posto sia per competenze in matematica siaper capacità di risolvere problemi in ambienti ricchi di tecnologia,come quelli delle società moderne.” Il Messico, tanto per capirci,ha una dato migliore del nostro. I buoni piazzamenti dell'Italianelle classifiche mondiali non finiscono più: siamo, come è noto,fra gli ultimi in Europa per consumi culturali (con tassi di letturaimbarazzanti); ci piazziamo benissimo per dispersione scolasticae il rendimento scolastico non è dei migliori, nonostante sipassino in classe più ore rispetto agli altri paesi europei;i bambini italiani sono i più a rischio obesità in Europa, mahanno l'offerta di canali tv più ampia. Ci si chiede, allora, suche basi si fondi l'educazione, in Italia. Forse, prima di stabilirese ai ragazzi interessi o no la cultura umanista, qualcuno dovrebbepreoccuparsi di fargliela conoscere seraiamente.


José AntonioAbreu.

Senel nostro Paese si è  interrotta la trasmissione del sapereè perché la relazione che lo permetteva, negli ultimi decenni, èclamorosamente saltata. E questo è un fatto emintemente politico. Tuttoquello a cui stiamo assistendo in questi anni, in questi mesi, in questigiorni, è legato: degrado culturale, sociale e politico, corruzione. Lascuola, le insegnanti, i genitori sono solo tasselli in un quadro chenessuno più osa mettere a fuoco perché tutti vi sono implicati. Dadecenni l'Italia ha smesso di occuparsi seriamente di educazione ecultura; da decenni scuole, università, biblioteche, teatri, musei, sivedono tagliare fondi, in uno stillicidio che li costringe a un declino,a una agonia inarrestabili e senza via di scampo. In questo senso,addebitare ai ragazzi la caduta della cultura umanistica, e come un fattoineluttabile, non ha alcun senso. Perché questa generazione è statala prima vittima delle conseguenze nefaste del degrado profondissimoe senza rete della società italiana.

Neigiorni in cui è uscito l'articolo di Lodoli, suRadio 3 Rai ho ascoltato una intervista a Helmut Falloniche nel 2006, insieme a Francesco Merini, ha girato il film L'altravoce della musica. In viaggio con Claudio Abbado fra Caracas el'Avana. Il film documenta i viaggi che Claudio Abbadoha compiuto nel 2005 e nel 2006 in Venezuela e Cuba, per collaborare aEl Sistema, ovvero al celebre progetto musicale diJosé Antonio Abreu (la voce Wikipedia, lo spiega nel dettaglio e ne consigliamo lalettura). Il Venezuela è un paese dove più di un terzo dellapopolazione vive sotto alla soglia della povertà ed uno dei paesi piùdifficili del mondo, con tassi di violenza altissimi. Caracas è la cittàpiù pericolosa del continente latino americano, con circa 100 morti perarma da fuoco per fine settimana.

Trent'anni fa,nel 1975, in questo paese, José Antonio Abreu, economista, musicista,ex ministro della cultura, ha creato un sistema orchestrale che operain tutto il paese e che  conta, oggi, 100 orchestre giovanilie 90 orchestre infantili. Grazie a questo sistema, 240 mila bambini eragazzi, fra poveri e poverissimi, hanno imparato a suonare, salvandosidalla strada, dalla violenza, dalla droga. Ed entro il 2015 si prevedesaranno 500 mila. Nel corso dell'intervista, nel film, Abreu spiegache in Venezuela la cultura è sempre appartenuta a una élite, e chealla base del suo progetto c'è l'idea di fare di questa, invece, unpatrimonio di tutti, perché solo in questo modo è possibile incideresulla realtà e sulla società, per trasformarle: "Il mio sogno" spiega,"è un paese di artisti, un paese di umanisti, un paese in cui i valoridell'uomo e i valori superiori dello spirito ispirano l'azione individualee collettiva.”

Il film, che dura un'ora, riportauno dei progetti educativi più straordinari degli ultimi decenni. Viconsigliamo di trovare il tempo per guardarlo, per il suo valore ditestimonianza. Spiega uno dei molti ragazzi intervistati, nato nelBarrio Valle, zona di Caracas in cui nessuno estraneo si avventura,se non accompagnato: “La musica mi ha fatto crescere e maturarerapidamente.” E Abbado, poco più avanti, non diversamente, raccontadi essere rimasto folgorato dalla musica, a sette anni, alla Scala,ascoltando i notturni di Debussy. Tornato a casa, scrisse sul suo diario:“Un giorno cercherò di realizzare questa magia.”
Averfiducia nei ragazzi e nei bambini significa, anzitutto, sapere che sonoin possesso di risorse infinite di intuito, intelligenza, sensibilità,e per questo in grado di scegliere fin da piccolissimi la loro strada. Mala possibilità di intraprendere questa strada dipende dagli adulti. Sonoloro, oggi come ieri, a dover creare le condizioni affinché questopossa accadere, a tutti i livelli: individuale, sociale e politico.

Orchestra giovanile del Sistema Abreu,Venezuela.


Abbado, nel documentario, parlando del progetto di Abreu alquale ha collaborato con passione, osserva che in paesi più ricchidel Venzuela, ma con sacche di povertà e violenza, progetti similinon si fanno. Dicendolo, sorride: allude, ma non rivela a chi si stiariferendo. Forse, chissà, anche all'Italia.
Una cosa ècerta: guardando questo film, ascoltando i tanti ragazzi e musicistiche vi sono, e vi sono stati, coinvolti (e oggi, a loro volta, diventatiinsegnanti di musica), risulta chiarissimo che significhi l'espressionedare una educazione. In primo luogo assumersene laresponsabilità. Come dice a chiare lettere Claudio Abbado: "Questo non èsolo un fatto culturale, è un fatto sociale: aiutare i giovani ad averequello a cui hanno dirittto tutti."
Buona visione.