[diLuisa Mattia]
Generosa:Anna dice che lo sono, e con lei. Gentile sì, ma ostinata, c’èpoco da discutere. Se lo dice, ne è convinta. Generosa, io, nel casodi questo libro… Perché? Quando hopresentato Anna a Topipittori, lei non aveva ancora scrittoun rigo del libro e Giovanna e Paolo non sapevano nulla delle suecapacità di "scrittora". A me sembrava una bella festa mettere insiemepersone capaci di raccontare, fare bei libri, incontrarsi su pensierie sentimenti...
Ora Anna dice che, per aver fatto questo,merito un “Grazie”.
Prego!
Annala conosco bene. E lei conosce me. Siamo amiche da un bel pezzo,quel tanto che basta per volersi bene con impegno e allegria. Quelche ci vuole per coltivare stupore e intessere stima. Siamo compliciper effetto della voglia di scrivere, per i racconti che ci facciamo,per le tante idee e i tanti progetti che è bello pensare, anche se poifiniscono in una bolla di sapone oppure non riescono a diventare neppurequella. Si vive di sogni da concretizzare, di realtà da scoprire,di sentimenti da intrecciare. I libri e i racconti sono, da sempre, unluogo bello in cui troviamo sintonia.
Lei,Anna, scrive il cinema, mette parole e anima nelle storie che andiamoa vedere in sala.
È una tipa, Anna, che attraversa legiornate con un’attenzione antica ai dettagli, alle persone, aisentimenti, ai cenni e agli accenni.
È una tipa, Anna,che può dimenticare le chiavi di casa o il cellulare, ma non si scordamai, ne potete star certi, di una storia che ha pensato o che qualcunole ha raccontato. Né di un’emozione né di un sentimento.
E tutto pensa e lavora, per dargli forma di vita e –qualche volta – una storia.
Quando Topipittoricominciò la collana Anni in tasca, ne parlammo. Ledissi che avrei scritto della mia infanzia carica di allegra sapienzae di disobbedienze. E lei, Anna, replicò che disobbediente non lo erastata mai, perché era stata una bimba fifona. E non per caso. Accennòa qualche episodio, a qualche emozione. Finì lì la conversazione,ma non il lavorio della memoria.
Dabambini desideriamo approvazione, affetto, avventura. Ostinatamenteandiamo alla ricerca di occasioni di stupore.
L’esserebuoni o cattivi dipende spesso dalla valutazione degli adulti, dalleregole che fanno loro, dai loro umori, dalle loro felicità, dalleloro malinconie.
Da adulti, poi, proviamo a riscoprirci especchiarci in quell’Io infantile che, troppo spesso, facciamo fintadi aver dimenticato.
Scrivere della propriainfanzia è una esplorazione e anche una riappacificazione: con noistessi, con il tempo che è passato, con il presente che – vuoi o nonvuoi – viene da lì. Scrivere della propria infanzia è anche scoprireil se stesso di oggi, trovarne le radici e gioire del presente, del comesi era e come si è, senza strappi, senza ipocrisie.
InUna cosa che mi scoppia nel cuore, Anna Pavignanoprende se stessa bambina e si lascia guardare, da lei che scrive – oggi– e da noi che leggiamo.
È una bambina gentile capacedi forti sentimenti.
È una bambina vulnerabile che pureattraversa con energia vitale giornate, eventi, confusioni, delusionie scoperte.
Scrive, Anna Pavignano, secondo unregistro che modula il passato su un doppio binario stilistico.
Il gioco narrativo, intenso, lucido, carico di affettività,si muove tra un “passato passato” - quella dimensione che si viveda bambini, quando ti senti "oltre" il tuo essere stato piccolo – eil “passato-e-basta”, quando hai chiuso il cerchio dell'infanziae sai che indietro non ci torni; e questa consapevolezza ti segna conallegro sollievo e, contemporaneamente, nostalgica malinconia mentrevivi un presente fatto di nuove consapevolezze e di una forza lieve cheviene dall’aver attraversato la paura.
Ecco,questo libro, scritto con grande passione da Anna Pavignano, vale nonsolo per la qualità della narrazione, per lo stile così seriamentelieve. Vale anche per il racconto che si scioglie con delicatezza peril lettore e che rivela come la paura sia alla base della soliditàdi un bambino e di una persona.
Non c’è identità,non c’è spessore nei “senza paura”.
Labambina Anna non è certo una temeraria né spavalda. Conosce lapaura ma impara, poco a poco, a governarla.
Lo fa congentilezza e ostinazione. Spesso lo fa ridendo.
Ecco,il tocco della narrazione brilla di umorismo, lo stesso che poi– da adulta – connoterà i film di cui è stata autrice.
Si ride della fifa e si sorride alla vita.
Conun certo batticuore, certo.