A volte, non andare alcinema per un pezzo, e non avere in casa la tv, costringe a unarigida dieta di immagini. È interessante, allora, rendersi contodi quanto le immagini siano potenti, una volta che ci si esponga aesse. Ci è capitato con un film bellissimo, il documentarioThe Cave of Forgotten Dreamsche Werner Herzog, nel 2010, ha dedicatoalla grotta di Chauvet, che ospitale più antiche (35000 mila anni fa), e forse più belle,pitture rupestri a oggi conosciute.
La grotta di Chauvetè stata scoperta in Francia nel 1994, per caso, da tre speleologi, lungoil corso del fiume Ardèche, nei pressi di un meraviglioso arco naturaleche probabilmente, come viene detto nel documentario, ha qualche partenella percezione di questo luogo come porta magica alla dimensione sacraledi visioni, miti, sogni. Dimensione che, come viene sottolineato, segnail passaggio dalla psiche primitiva a quella moderna.
Venuto aconoscenza dell'esistenza della grotta grazie a un articolo sulNew Yorker, Herzog ne rimase soggiogato al punto da chiedere,e ottenere, il permesso di entrare nella grotta, il cui accesso èrigidamente regolamentato e riservato solo a un fortunato manipolodi selezionatissimi studiosi, per girare un documentario.
Regista visionario quantialtri mai, potente interprete del tema del rapporto fra naturae cultura, con un forte senso del mistero e del sacro, Herzog si cala nel buio di Chauvet armatodi una tecnologia non professionale e di uno sguardo sorvegliatissimoe attento. La sua nuda cronaca nasce dalla consapevolezza che, perraccontare questo luogo, sia sufficiente accompagnare alle immagini unresoconto scarno che si attiene ai fatti, alle persone e alle cose,senza aggiungere altro, tanto è potente quello che nei meandri diqueste caverne è nascosto e l'effetto che ha su chi lo avvicina.
Le pitture di Chauvet, che sorgono dal buio di un ambiente mineraledi incredibile suggestione, lasciano senza parole e senza fiato.
Un corteo di animali in movimento - leoni, cavalli, bisonti, tori,rinoceronti, mammut, cervi – sfila
ipnoticamente, come in sogno,ad accendere le pareti di pietra, assecondandone curve e linee,prendendo vita dalla luce riflessa, come in una sequenza misteriosae antichissima che lo spettatore percepisce, in modo scioccante einaspettato, impressa a fuoco nel proprio dna. Di questo, nel film,dà testimonianza un giovane archeologo, uno dei primi che ha visitatoChauvet, quando racconta di aver provato una tale emozione nel scendereper alcuni giorni consecutivi nella grotta da aver cominciato a sognareininterrottamente leoni (come in Il vecchio e il maredi Hemingway), vivi e dipinti, e dover sospendere le visite per trovarela calma e il tempo di elaborare le emozioni e le visioni interioriche le pitture avevano suscitato in lui.
Mentre accompagnalo spettatore sempre più profondamente, verso il mistero dellacaverna, e di chi, uomini e animali, l'ha percorsa in un tempoinimmaginabile, Herzog riflette in presa diretta, osservando lemirabili figure impresse sulla roccia. Parla di alcune tracce, frale moltissime lasciate da orsi immensi ed esseri umani che mai qui,però, abitarono, ma solo dipinsero. Osserva quelle di un fanciulloe di un lupo, le une accanto alle altre, chiedendosi che rapportovi fosse fra i due: se il lupo inseguisse il ragazzo, se il lupo eil ragazzo camminassero insieme legati da amicizia, o se i loro duepassaggi fossero separati nel tempo, e contigui solo spazialmente,ma separati dall'abisso dei secoli.
Insieme ad archeologi,speleologi, studiosi di arte primitiva, Herzog discorre e meditasugli uomini che in questa caverna lasciarono, oltre che pitture,le tracce rosse del palmo delle loro mani che di loro portano trattifisici unici, inalterati a distanza di millenni. Racconta che duecaratteristiche del pensiero di questi artisti-sciamani furono lafluidità e la permeabilità: la prima, identificata con la capacitàdi trascorrere da una dimensione all'altra, di percepirsi di voltain volta uomo, animale, albero, pietra, senza barriere a separarel'umano dal mondo organico e inorganico; la seconda, la capacitàdi passare dalla dimensione del visibile a quella dell'invisibile,dalla realtà al regno dei morti e alla trascendenza, senzastacchi e fratture, ma in un continuumcoerente e organico.
Due attitudini dicui oggi, più che mai, l'uomo contemporaneo sente la nostalgiae la necessità profonda, come via di salvezza, sia spiritualesia ecologica. Questo documentario straordinariamente toccante edenso, affronta i temi dell'origine e dell'infanzia dell'uomo,della sua natura ed essenza, della miracolosa capacitàumana di riflettere il mondo nello specchio della mente e dirappresentarlo, creando la Bellezza.
Raccontando Chauvet, Herzogillumina le radici e le origini dell'arte di cui queste pitturesono la testimonianza più antica: immagini che irrompononel tempo ciclico naturale portando alla luce il miracolodella coscienza e del pensiero.
E colpisce profondamente comequesti, nel momento in cui sorsero e si manifestarono, lo fecero confusiinestricabilmente con la dimensione della Bellezza (quel concettodi “confusione”, come “conoscenza bella” , “condizione incui trovare la verità”, che Hillman mette a fuoco in relazionealla presenza di Afrodite e alla dimensione estetica nel saggio La giustizia di Afrodite),confermando come questa nasca dal contatto fra lo sguardo attento dellacoscienza umana e la realtà. Una testimonianza potentissima, magistraledel ruolo che le immagini e la loro creazione (e la scoperta, attraversole immagini, della Bellezza), hanno avuto nell'evoluzione e nellastoria del pensiero e della cultura.