M come il mare

[di Joanna Concejo]

Questo libro avrebbe potuto essere diverso. Questo libro avrebbe potuto non essere. Completamente. Qualche anno fa, dopo aver realizzato qualche illustrazione, ho avvertito l’improvvisa sensazione di non essere in grado di realizzare la storia che mi ero impegnata a illustrare. Ma non sono riuscita a lasciar cadere tutto. Se avessi rinunciato, questo libro non ci sarebbe.

L’ho lasciata da parte per un po’ di tempo. Poi l’ho ripresa. E finalmente ho scoperto come avrei potuto farla.

Ma, all’inizio, volevo solo illustrare un testo che mi era stato proposto. All’inizio il libro non doveva essere quel che è ora, non doveva raccontare quel che racconta adesso. E a questo punto mi corre l’obbligo di dire – perché, se no, nessuno capisce niente - che nel momento cruciale, quando le illustrazioni erano finite, il libro, praticamente pronto, si è trovato senza un testo. Proprio così. L’autore aveva certamente ragioni sue per ritirarsi dal progetto. In questa situazione potevo abbandonare il progetto o scrivere un testo. La mia scelta è stata far esistere il libro e così mi sono dovuta misurare ancora una volta con le difficoltà della scrittura. E sono felice di averlo fatto.

Le vicende di certi libri sono già una storia in sé.

Potrei raccontare la storia movimentata di questo libro, ma non lo farò. Non ho voglia di scrivere di ciò che non è stato, di quel che avrebbe potuto essere o non essere. Voglio scrivere di quel che questo libro è ora, dopo tutte le diversioni e i vagabondaggi che l’hanno portato sui monti, al mare e nei boschi.

«M come il mare».

Non sono un ragazzo, ma questa non è una novità. Quindi non so che cosa vuol dire crescere essendo un ragazzo. Come sia, per un ragazzo, uscire dall’infanzia, come vive la difficile traversata verso l’adolescenza. Io so solo com’è essere una ragazza, quel che una ragazza pensa, che cosa sente. Ma c’è poi tutta questa differenza?

Da bambina, non andavo spesso al mare. Vengo da una regione di laghi, di fiumi e di boschi, e la gente delle nostre parti pensa che di acqua ne abbiamo già abbastanza, tutti i giorni, che il mare è solo un lago, ma un po’ più grande e un po’ più salato. Perché mai andarci?

Dalla mia prima volta al mare, alla grande acqua, ho riportato come souvenir dei bei sassolini giallo-arancio che avevo raccolti. Mi sembravano delle scaglie di sole, dei tesori, dell’ambra. Li conservo ancora.

Da allora, non ne ho più trovati di uguali sulle spiagge del Baltico. Da allora ho visto altri mari. Ho incontrato altre persone. Sono diventata grande. Sono diventata madre.

In francese queste due parole, mare e madre, hanno la stessa pronuncia. È una cosa che mi fa sempre una strana sensazione.

Così, sono diventata madre. Prima di una femmina: una cosa nota – ero femmina anch’io – per quanto sia sempre un mistero. Poi di un maschio. Ho visto crescere quel ragazzo. Un ragazzo che viene da me e che pure è così diverso.

Quando era piccolo, sognavo di trovare anche per lui delle “scaglie di sole” sulla spiaggia. Ma il mare, con le sue onde, faceva rotolare sul bagnasciuga solo dei normali sassolini. Lui li esaminava comunque, con molta attenzione, con attesa. Qualcuno lo conservava. Lo fa ancora, a volte. Anzi, spesso.

Quando ero un’adolescente, studentessa di liceo, la mia scuola ha accolto un poeta. Un grande poeta, molto noto in Polonia. La sala era piena da scoppiare, perché vi era radunata tutta la scuola, inclusi i professori. Un poeta! Un poeta!!! In un modesto liceo di provincia! Una cosa che capita forse ogni mille anni! Così pensavo, allora. Ero felice, eccitata… ma avevo anche paura. Paura perché il nostro professore di lettere ci aveva detto di preparare delle domande da porre al poeta. Cose tipo «Dove trova l’ispirazione?» eccetera. Io, di domande, non ne avevo. O, meglio, tutte quelle che mi venivano mi sembravano stupide, non abbastanza intelligenti, non degne di un così grande poeta. E poi, non volevo avere l’aria ridicola. Così, non gli ho fatto nessuna domanda. Sarei sprofondata. Il mio cuore batteva forte, avevo le guance in fiamme e me ne stavo zitta. Perché, come avrei potuto chiedere al grande poeta se gli piacevano le fragole? Se aveva un gatto e come si chiamava? Se aveva paura a stare da solo in un bosco? Se anche lui aveva ricevuto in regalo un orologio il giorno della Prima Comunione? Se c’era una canzone che lo faceva piangere?

Sì, questo libro avrebbe potuto essere diverso. Avrebbe potuto non essere. Come la vita, che avrebbe potuto essere diversa se…

C’è qualcosa che so in più sui ragazzi, adesso? O anche sulle ragazze? Io non so niente. Mi limito a stare. A osservare.

È sempre bellissimo e misterioso. A volte è una cosa triste, a volte allegra. A volte tormentata, a volte calma.

Come il mare.


[Le illustrazioni di questo post sono tratte da M come il mare, di Joanna Concejo. Le fotografie di studi, disegni preparatori e quaderni di progettazione sono state gentilmente concesse dall'autrice.]